L'emergenza Aids non si ferma: a Cremona 500 sono in terapia, 20 nuovi casi all'anno Ecco le realtà che combattono il morbo
Sono diverse le realtà che combattono l’AIDS sul territorio cremonese. Stanno compiendo un cammino comune nel segno della collaborazione: oltre alla Casa della Speranza attiva dal 2001, spicca il reparto «Malattie Infettive» dell’Ospedale di Cremona, il Gruppo Pro-Positivo Beta2, la Drop in-Unità di strada, il Serd, la Tenda di Cristo e il CRCA Lombardia. In provincia di Cremona sono 500 le persone in terapia e ogni anno si registra una media di 20 nuove diagnosi di infezioni che colpiscono soggetti provenienti da aree sociali molto differenti tra loro e con fasce di età altrettanto distanti.
IL MORBO HA PROVOCATO PIU’ VITTIME
DELLA PESTE BUBBONICA DEL MEDIOEVO
I dati sono emersi ieri nel corso di un convegno Caritas al teatro Monteverdi, alla vigilia della Giornata mondiale di lotta all’AIDS; ospite mons. Roberto Vitillo, rappresentante della Santa Sede presso l’Area salute delle Nazioni Unite, che ha snocciolato dati impressionanti: il morbo ha ormai provocato più di 30 milioni di vittime, peggio della peste bubbonica del Medioevo e della Spagnola del 1918, e a tutt’oggi colpisce 34 milioni di persone.
I dati locali, come quelli provinciali già menzionati, sono stati invece delineati da don Maurizio Ghilardi. Solo nella nostra regione si spendono ogni anno 300 milioni di euro: 190 milioni per le terapie antiretrovirali e il resto per ambulatori, ospedali, case alloggio, assistenza domiciliare. È la seconda spesa farmacologica più importante dopo quella oncologica.
Sul lato della ricerca lo Stato italiano ha speso 138 milioni di euro e solo due milioni per campagne di comunicazione e percorsi di prevenzione. Quest’anno il ministero della salute stanzierà 800.000 euro per la comunicazione (spot su TV, radio, cinema e stampa) che in genere si risolve nei giorni antecedente o successivi il 1° dicembre.
LA ‘CASA DELLA SPERANZA’: IN 11 ANNI
OSPITATE 123 PERSONE (50 SONO MORTE QUI)
«Al di là dei numeri – spiega don Ghilardi – che possono generare sgomento e stupore, noi cerchiamo di rispondere, non più e solo in termini scientifici, alle domande che provengono dalle persone sieropositive: domande che sono soprattutto di senso del vivere e del morire». Per questo motivo è importante lavorare in rete con i servizi territoriali e con le organizzazioni nazionali perché «dopo aver trovato la giusta terapia, astenendoci da ogni giudizio, si possa costruire un nuovo percorso di vita caratterizzato dalla misericordia, della solidarietà e dalla solidità».
Casa della Speranza cerca di fare questo ogni giorno: nei suoi 11 anni di attività la struttura di via Litta – una delle tante opere segno di Caritas cremonese – ha ospitato 123 persone, ma alcune di esse più volte sono transitate in essa, per cui si è raggiunta la significativa cifra di 200 presenze circa. Ben 50 hanno concluso la loro vita in questa struttura.
«La prevenzione, la conoscenza, l’approfondimento di tematiche come l’affettività, la sessualità e l’uso di sostanze è anche compito di una Casa Alloggio – ha concluso don Ghilardi – . Sono attività importanti che necessitano la collaborazione non ideologica di tutte quelle agenzie che si occupano di ragazzi, giovani e famiglie. Non è più solo una questione di spesa – sanitaria o sociale – ma è emergenza educativa, è riassetto dei valori, in chi è sieropositivio e in chi non lo è. Il vostro esserci stasera ci fa dire che poco basta per capirci e aiutarci vicendevolmente in una crescita responsabile».
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