Economia

Un impianto di biogasarriva a “mangiare” come 1500 vacche

«Con soddisfazione evidenziamo il fatto che sempre più Comuni della nostra provincia, in piena sintonia con la nostra Organizzazione, stanno esprimendo attraverso gli strumenti della delibera comunale e delle mozioni la loro preoccupazione rispetto al proliferare di impianti a biogas che utilizzano alimenti nobili, così come dei parchi fotovoltaici a terra. Coldiretti, con determinazione, ha chiesto alla Regione l’emanazione urgente di precise linee guida per la gestione delle fonti rinnovabili, nonché una moratoria sull’autorizzazione di nuovi impianti. E’ ora importante il fatto che le Amministrazioni Comunali, cioè le prime responsabili della corretta gestione del territorio, si uniscano alla nostra battaglia». A parlare è il Direttore di Coldiretti Cremona Simone Solfanelli, che torna ad evidenziare la necessità di governare un fenomeno che sta progressivamente sottraendo terreno alla vera agricoltura. «Parlando di biogas  – aggiunge Solfanelli – non abbiamo mai contestato gli impianti alimentati con materie di scarto, o comunque gli impianti correttamente dimensionati rispetto alla realtà aziendale. Abbiamo invece ribadito, per primi, che la produzione di agroenergia non può, come purtroppo sta avvenendo nelle nostre campagne, tradursi nella realizzazione di impianti di grandi dimensioni scollegati dalle filiere agroalimentari e in competizione con la produzione di cibo made in Italy. Operazioni che hanno l’effetto di far lievitare gli affitti e sottrarre terra agli agricoltori».

Qualche dato può aiutare a ‘fotografare’ meglio la questione biogas in provincia di Cremona e in Lombardia. Secondo le ultime stime disponibili, in Lombardia ci sono 117 impianti in funzione, 134 in programmazione e 64 in istruttoria. La provincia con la massima incidenza è Cremona (120 totali, con una settantina di impianti già in funzione), poi ci sono Brescia (62) e Mantova (55). Fra le più piccole territorialmente, è Lodi che conta il maggior numero di centrali (16 in funzione, 17 programmate e 5 in istruttoria). Pavia ne colleziona 25, Bergamo 16, Milano 7, Sondrio 2, Como e Lecco zero.
«Un impianto a biogas che produce un megawatt di energia, se alimentato con colture dedicate, ha bisogno di circa 350 ettari di trinciato di mais. Parliamo di quasi 200mila quintali di trinciato di mais all’anno, ossia quanto serve per alimentare almeno 1500 vacche in un anno, capi il cui latte basterebbe a produrre 30.000 forme di Grana Padano – evidenzia Coldiretti Cremona –. E’ una pesante sottrazione, che la filiera agroalimentare subisce. Se si considera che in provincia di Cremona sono già attivi settanta impianti, e se si pone una media di 1 MW per impianto, si può calcolare che oltre 20.000 ettari, rispetto ad una superficie coltivata di 130.000, sono oggi dedicati al biogas. Sono dati preoccupanti. Il problema non sono gli impianti a biogas o i fotovoltaici in quanto tali, ma i maxi interventi che al posto di essere integrati nell’attività agricola diventano installazioni industriali che si mangiano suolo e produzione di cibo – ribadisce Solfanelli –. Anche per i pannelli fotovoltaici servono linee guida precise: diciamo no al fotovoltaico a terra, sui campi, mentre va incoraggiato lo sfruttamento di tetti, magazzini, stalle e di tutte le coperture disponibili, che sono una riserva di spazio ancora sottoutilizzato. Solo così le fonti rinnovabili potranno dirsi veramente sostenibili».

Da tempo Coldiretti Cremona ha sollevato il problema della corretta impostazione del tema delle agroenergie, denunciando quello che è stato definito lo “scandalo degli affitti d’oro”: di fatto, chi deve alimentare un mega impianto a biogas può sostenere, per l’affitto della terra o per l’acquisto di materia prima, costi che agli imprenditori agricoli appaiono proibitivi. Si pensi al costo d’affitto della terra: la precedente quota di circa 500 euro all’ettaro in tempi recenti è addirittura triplicata, arrivando a oltre 1.500 euro/ettaro.
L’intervento di un numero sempre crescente di Amministrazioni Comunali, che chiedono regole precise e vogliono essere coinvolge nel processo di autorizzazione degli impianti, è un fatto importante. Nella delibera “Alimenti in cambio di energia?” il Comune di Gussola, a proposito del proliferare del biogas, scrive che si “rischia di stravolgere il delicato equilibrio agricolo-zootecnico-ambientale che ha caratterizzato, nei secoli, il nostro territorio, a vantaggio di una non ben chiara politica di fonti energetiche alternative e di una grande speculazione personale, la quale non ha niente a che fare con l’agricoltura che tutti noi conosciamo ed apprezziamo”. Analoghe argomentazioni sono state portate nei Consigli Comunali di Agnadello e Palazzo Pignano, tra gli altri, attraverso mozioni poi inviate dai Sindaci, per conoscenza, al Ministro per le Politiche Agricole, al Presidente della Regione Lombardia e al Presidente della Provincia di Cremona.

Il Comune di Cappella de’ Picenardi, a proposito del fotovoltaico (sempre in una delibera, il cui titolo è “Alimenti in cambio di energia? Tuteliamo la sicurezza alimentare”) ha aggiunto: “Mentre è certamente positiva – e va stimolata e favorita – la posa dei pannelli fotovoltaici sulle superfici coperte già esistenti (si pensi a quali estensioni rappresentano, in tal senso, i tetti delle stalle, delle cascine e dei capannoni, per alcuni dei quali la posa dei pannelli solari può diventare preziosa occasione per avviare una definitiva bonifica dall’amianto), appare in tutta la sua problematicità, in tutta la sua “non sostenibilità”, il diffondersi del fotovoltaico sulle superfici dei campi. E’ questo un fenomeno che sembra imporsi anche nella nostra Provincia, dove si cominciano a vedere autentici tappeti di silicio sui nostri campi, con pannelli fotovoltaici “seminati” sul terreno al posto delle coltivazioni agricole. Scelte che sovvertono il primato della produzione del cibo nella gerarchia delle priorità, un principio che va tutelato e ribadito, pur nella convinzione che le energie rinnovabili di origine agricola possano dare un contributo al problema energetico del Paese».

 

 

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