Cronaca

Caso Tamoil, figuraccia del Ministero: Vuole 'entrare' ma è tardi

Un fax è arrivato al Gup Guido Salvini. E’ del Ministero dell’Ambiente che chiede il faldone sull’inchiesta Tamoil perché ha deciso di costituirsi parte civile. Con un ritardo di tre mesi, a Roma si sono svegliati ma ormai il tempo a disposizione è scaduto, il processo è già in corso. E la richiesta è stata respinta. E’ l’ennesima dimostrazione di quanto sia inefficienza la burocrazia ministeriale romana e di quanto poco si tenga in considerazione le istanze del territorio e la tutela dei cittadini.

L’INDAGINE SULL’AVVELENAMENTO DELLA FALDA

La notizia filtra durante la prima udienza di oggi che si tiene con rito abbreviato per l’indagine “madre” della Tamoil, quella sull’avvelenamento della falda da idrocarburi. Il rito è condizionato all’esame di due consulenti tecnici e all’acquisizione delle rispettive perizie, che, secondo il giudice, contengono “osservazioni sicuramente pertinenti e di rilievo per la ricostruzione della situazione di ‘inquinamento’ dei luoghi e la sua collocazione nel tempo, le misure di sicurezza adottate, e la valutazione del rischio di ‘esplosività’ delle perdite di idrocarburi che si sono verificate e relative ai possibili effetti avversi per la salute pubblica”.

LA PRODUZIONE DELLE FATTURE DI TAMOIL PER LA BONIFICA

Il giudice Salvini ha anche ammesso “la produzione delle fatture delle spese effettuate da Tamoil negli anni per la bonifica dei luoghi, trattandosi di dati documentali di interesse anche per l’esame della contestazione del reato”.

NEL PROCESSO UN CITTADINO ‘RAPPRESENTA’
IL COMUNE (CHE HA RINUNCIATO)

Ricordiamo che nel processo si sono costituiti parte civile tre soci della canottieri Flora e uno della Bissolati, tutti rappresentati dall’avvocato Vito Castelli, il Dopolavoro ferroviario (1.800 soci effettivi), rappresentato dall’avvocato Annalisa Beretta, altri 26 soci della canottieri Bissolati, tra cui anche i radicali Sergio Ravelli ed Ermanno De Rosa, tutti assistiti dagli avvocati Gian Pietro e Monica Gennari, Claudio Tampelli e Vito Castelli, e Legambiente, attraverso l’avvocato di Milano Ilaria Ramoni. Parte civile è anche il cittadino cremonese Gino Ruggeri, tesoriere dell’Associazione Piero Welby, rappresentato dall’avvocato Giuseppe Rossodivita, che, in base a quanto recita l’articolo 9 del testo unico degli enti locali, intende difendere gli interessi della collettività, vista la rinuncia del Comune di Cremona a costituirsi parte civile nel procedimento.

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