Spettacolo

De André canta De André
"Un dovere di figlio essere qui"

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Cristiano De André al teatro Ponchielli (Fotogallery Sessa)

Seduto sullo sgabello, le gambe accavallate come il padre, la stessa postura del padre, come il padre la mano a togliersi il ciuffo dagli occhi, simile pure il timbro vocale. Sembrava di vedere e ascoltare Faber, in un teatro Ponchielli pieno e felice. Come fossimo tornati al 1997, ultimo tour della vita di Fabrizio de Andrè che a Cremona fece tappa a dicembre. Venne a mancare meno due anni più tardi.

Sul palco stavolta c’è il suo erede artistico: il figlio Cristiano, polistrumentista di rara bravura e circondato da musicisti straordinari, col suo progetto teatrale “De Andrè canta De Andrè”.

“Un dovere di figlio essere qui e cantare papà per chi allora non c’era. Papà che è stato un bel pezzo di storia del nostro paese. Papà che voleva che dessi un vestito nuovo alle sue canzoni: così ne abbiamo riarrangiate una quarantina”. E ancora: “C’è un filo rosso che lega i brani di papà. La coerenza, la giustizia. Non ci sono poteri buoni, diceva lui: solo la compassione e il saper riconoscersi nel più debole possono salvare l’uomo”.

In ‘mostra’ per un pubblico di giovani e meno giovani una parte significativa del patrimonio musicale di Fabrizio de Andrè, proposto fra caldi e partecipati applausi: “Don Raffaè”, “Bocca di rosa”, “Amico fragile”, “La canzone del padre”, “Il testamento di Tito”, “La canzone di Marinella”, “Il Pescatore”, “Andrea”. E altre ballate ancora, versi capaci come pochi di raccontare gli ultimi della terra.

Durante il concerto, qua e là, gli aneddoti sul rapporto tra padre e figlio. “Era complesso il nostro, continuavamo a litigare – scandisce Cristiano -. Eppoi mi voleva veterinario. Ma alla fine ho fatto quello che mi piaceva fare. Il musicista come lui”. Si è chiuso un cerchio. E oggi è il figlio di suo padre.
Simone Bacchetta

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