Ingiusta detenzione: il medico
Carlo Mosca chiede il risarcimento
Leggi anche:
Lo scorso 27 febbraio, quando è diventata definitiva l’assoluzione, avendo la procura generale rinunciato a impugnare la sentenza, si era chiuso il caso di Carlo Mosca, 51 anni, originario di Persico Dosimo, l’ex primario del pronto soccorso dell’ospedale di Montichiari finito a processo per omicidio volontario plurimo per aver iniettato a tre pazienti malati di Covid Succinilcolina e Propofol, farmaci incompatibili in assenza di intubazione, e letali in quanto inducono il blocco dei muscoli e l’arresto respiratorio.
Pazienti deceduti, come era stato dimostrato dalla difesa, rappresentata dagli avvocati Elena Frigo e Michele Bontempi, per “cause naturali” dovute alla concomitanza tra il Covid e le loro malattie pregresse.
Per quelle accuse, il medico, assolto in primo grado il primo luglio del 2022, era stato confinato agli arresti domiciliari 522 giorni, dal 25 gennaio del 2021 fino alla data della sentenza di primo grado, quando è tornato ad essere un uomo libero. Ora l’ex primario, che lavora al 118 degli Spedali Civili di Brescia, è tornato nell’aula del tribunale di Brescia per chiedere il risarcimento per l’ingiusta detenzione. Una richiesta che è stata accolta anche dalla procura generale. Ieri si è tenuta l’udienza, al termine della quale i giudici si sono riservati di decidere.
Gli stessi magistrati della Corte d’Assise, nella motivazione, avevano definito “di enormi proporzioni l’afflizione arrecata all’imputato, che ha patito una ingiusta e prolungata limitazione della libertà personale e rischiato di subire una condanna all’ergastolo, con gravissime ripercussioni sul piano sia umano che professionale, cui il verdetto assolutorio può porre solo parziale rimedio”.
Sara Pizzorni