Cronaca

Giornata mondiale dell'ictus
La storia a lieto fine di Omar

Per Omar, 53 anni, impiegato tecnico, l’Ictus era l’ultimo pensiero. «È strano come nella vita tutto possa cambiare in un attimo, un normale venerdì mattina», spiega commosso. Da quel giorno è trascorso appena un mese e ripercorrere l’accaduto non è semplice. «Ricordo che erano le dieci, ero in ufficio, come sempre seduto alla mia scrivania, tranquillo. Ho allungato un braccio per prendere un documento e sono caduto dalla sedia». Il tonfo improvviso ha allarmato i colleghi: capiscono subito che si tratta di qualcosa di grave e chiamano il 112, «sentivo le loro voci ma non riuscivo a muovermi e a parlare».

Inizia così il racconto di questa esperienza di vista vissuta presso l’ospedale di Cremona, in occasione della Giornata Mondiale dell’Ictus che cade oggi, 29 ottobre.
La memoria di Omar si interrompe per qualche ora; alle tredici si sveglia in un letto della Stroke Unit della Neurologia di Cremona, ma non sa perché. I sanitari gli dicono di provare a non chiudere mai gli occhi e lui ci prova. La consapevolezza arriva il giorno successivo quando chiede a un’infermiera cosa è successo? «Ha avuto un Ictus. Se la sente di alzarsi»? «Ho contato sino a dieci e mi sono ritrovato in piedi». «Oggi posso dire di stare bene. Non smetterò mai di ringraziare i miei colleghi, i volontari della Croce rossa, i medici e gli infermieri dell’ospedale di Cremona: ho capito che la somma delle azioni di tutti mi ha salvato la vita».

Essere di nuovo in reparto nella Giornata mondiale contro l’Ictus, vuole essere un gesto di riconoscenza e speranza, «ho molto apprezzato la capacità dei sanitari di intervenire, spiegarmi cosa stava succedendo e di stare accanto a me e a mia moglie Mariagrazia in un momento così difficile, non era scontato» – conclude Omar.

«Ogni minuto che passa dal momento dell’evento acuto si perdono 1.900mila neuroni – spiega Alessia Giossi (neurologa referente della Stoke Unit di Cremona). Il fattore tempo è fondamentale e la storia di Omar lo dimostra». Il paziente è arrivato in ospedale da un paese del lodigiano con sintomi riconoscibili: bocca storta, non parlava e non muoveva la parte sinistra del corpo. «Le sue condizioni erano molto serie. La Tac ha evidenziato subito la complessità: due vasi chiusi, una dissecazione alla carotide e un embolo nell’arteria cerebrale media destra. L’équipe di neuroradiologia – diretta da Claudia Ambrosi – ha praticato una trombectomia, disostruendo i vasi e inserendo uno stent carotideo per ripristinare il flusso del sangue.

Il Codice Ictus è specie di parola d’ordine, una di chiave che apre le porte al paziente e garantisce l’attivazione a catena di una corsia preferenziale dentro l’ospedale: «quello che si deve fare lo si fa subito – aggiunge Giossi. I sanitari di Areu inviano dal territorio una pre-notifica in ospedale, così anche il tempo di trasporto in ambulanza serve a prepararsi per agire in fretta».
A mettere in pratica il Codice Ictus sono diversi specialisti e infermieri: «dal personale del 112 (Areu) e del pronto soccorso, agli operatori di neurologia, neuroradiologia, anestesia e di fisioterapia». Un percorso multidisciplinare consolidato che vede la Neurologia diretta da Stefano Gipponi centro di riferimento per il sud della Lombardia. «Non sempre è necessario ricorrere all’intervento di trombectomia – aggiunge Giossi. In genere, appena il paziente arriva in ospedale, si procede con la trombolisi, ossia con l’iniezione in vena di un farmaco che scioglie il trombo. Ogni anno i pazienti trattati a Cremona con questa metodica sono circa 60».

L’Ictus è un evento improvviso, si può prevenire attraverso un corretto stile di vita, alimentazione, movimento. Ipertensione, obesità, diabete, fumo e abuso di alcool sono fra i principali fattori di rischio, ma ci può essere anche una predisposizione genetica. Ogni anno in Italia oltre 185 mila persone vengono colpite da ictus, l’80% sono nuovi casi mentre il resto è costituito da recidive.

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