"Picchiata e costretta a vendermi"
La vittima racconta il suo incubo
“Picchiata, minacciata di morte, costretta alla prostituzione e lasciata senza cibo”. E’ l’incubo raccontato oggi nell’aula della Corte d’Assise di Cremona da una 27enne nigeriana che otto anni fa era stata fatta arrivare in Italia dalla Nigeria con la promessa di un lavoro come baby sitter. All’epoca aveva 19 anni. Per la connazionale che l’avrebbe ospitata, la ragazza si era sottoposta in Nigeria ad un rito davanti a un santone: una sorta di giuramento di fedeltà.
Oggi vive a Trieste, ha un figlio e lavora in un ristorante. All’epoca dei fatti, quando era sbarcata a Lampedusa, era stata portata a Crema e lì, per un anno, i suoi sogni di una vita migliore si erano infranti. La giovane è la presunta vittima di una coppia di connazionali, fratello e sorella, lui 35 anni, lei 37, entrambi residenti a Crema, che ora sono davanti ai giudici per rispondere del reato di tratta e commercio di schiavi.
Erano presenti, oggi, gli imputati, lui magazziniere in una ditta cremasca, lei donna delle pulizie, accusati di aver costretto la ragazza a prostituirsi lungo le strade di Spino d’Adda, dicendole che la sua libertà costava 35.000 euro, soldi che si sarebbe dovuta procurare vendendo il proprio corpo. Altrimenti i suoi familiari in Nigeria sarebbero stati uccisi. La 27enne e almeno un’altra ragazza, chiamata Joy ma mai identificata, sarebbero state percosse ripetutamente anche con un manico di scopa, private spesso di cibo per renderle più accondiscendenti ai loro voleri e sottoposte a trattamenti umilianti. I due imputati, che le avrebbero anche fatte prostituire in una casa, avrebbero approfittato della situazione di necessità, vulnerabilità e soggezione in cui le vittime versavano.
“Dicevano che non c’erano abbastanza soldi”, ha raccontato la27enne, affiancata da un’interprete. “Mi controllavano, mi davano un certo numero di preservativi e quando tornavo facevano il conto di quanti me n’erano rimasti e così sapevano quanti clienti avevo avuto. I soldi li consegnavo a loro. Per me riuscivo a tenermi qualche mancia”. “Mi dovevo prostituire tutti i giorni”, ha riferito la ragazza, “dalle 8 alle 18, a volte fino alle 20. Spesso, quando mi ribellavo, venivo picchiata, anche con un manico di scopa”. La presunta vittima ha anche detto che gli imputati l’avrebbero lasciata senza cibo e fatta dormire su un materasso in soggiorno che d’inverno era ghiacciato “perché lo tenevano sul balcone e poi lo ritiravano”.
Un giorno, mentre si prostituiva, la giovane aveva conosciuto un uomo che le aveva offerto il suo aiuto. E lei ne aveva approfittato, lasciando per sempre la casa dove viveva con gli imputati. Nel luglio del 2016, grazie all’aiuto del connazionale, si era presentata negli uffici del Commissariato di Crema dove aveva raccontato la sua incredibile storia. I due fratelli erano poi stati rintracciati e messi a disposizione dell’autorità giudiziaria.
Gli imputati, assistiti dagli avvocati Michela Tomasoni e Alessandro Zontini, oggi si sono difesi, negando ogni coinvolgimento. Il 35enne ha raccontato di aver conosciuto la presunta vittima su facebook e di essene diventato il compagno. Poi però lei lo aveva lasciato. “All’epoca io e mia sorella chiedevamo l’elemosina perchè non avevamo un lavoro”, ha sostenuto il 35enne, riferendo che la ragazza si sarebbe prostituita di sua spontanea volontà”.
La sentenza sarà pronunciata il prossimo 22 ottobre.
Sara Pizzorni