Cronaca

Lascia tutto alla barista, è circonvenzione di incapace: condannata

Ha lasciato in eredità il suo patrimonio di 610 mila euro alla barista che l’aveva aiutata e curata, ma oggi la beneficiaria, finita a processo con l’accusa di circonvenzione di incapace, è stata ritenuta colpevole e condannata ad una pena di due anni e sei mesi di reclusione. “Sono stata condannata per aver fatto del bene”, ha detto l’imputata dopo la sentenza. Il giudice Pierpaolo Beluzzi l’ha anche condannata a risarcire i danni alla parte civile, rappresentata da un parente della defunta, con una provvisionale di 20.000 euro. Prima di morire, Evelina Bignami, 86 anni, nubile, benestante, aveva scritto tre testamenti, l’ultimo del quale risalente al 14 settembre del 2006, stilato al Bar Sportivi di via Aselli di Orsolina Pollastri, la titolare, alla presenza di due clienti. Quando l’anziana era morta, a Cremona era arrivato Piero, residente a Milano, uno dei nipoti nominato erede nel 1982. Nel processo contro la barista, assistita dall’avvocato Franco Antonioli, si è costituito parte civile attraverso l’avvocato Roberto Guareschi. L’imputata era accusata di aver approfittato dello stato di bisogno e di aver abusato dell’infermità psichica in cui si trovava l’anziana, affetta da “demenza di tipo misto”, inducendola a nominarla unica erede di tutto il suo patrimonio: una casa a Serravalle Scrivia, gioielli, arredi, denaro sul  conto corrente e titoli. “Quando la signora Evelina ha cominciato a perdere la sua lucidità”, ha detto nella sua arringa l’avvocato di parte civile, “in questa sua fase di vulnerabilità si è inserita l’imputata, che ha voluto accaparrarsi tutti i suoi beni”. “Chi era la signora Pollastri ?”, si è chiesto il legale. “Non era né la badante, né una cameriera, ma una barista che non si è mai presa cura dell’anziana che ad un certo punto il medico ha fatto curare per decadimento cognitivo”. Diverso il parere del pm onorario Paolo Tacchinardi, che ha invece chiesto l’assoluzione perché “manca la prova del dolo”. Stessa richiesta da parte della difesa, che ha definito il rapporto tra le due donne “un’amicizia che non si è  limitata al cappuccio o alla brioche. Certo, era un’estranea, però la portava dal medico, mentre il parente non frequentava la zia”. “L’anziana si è aggrappata ad Orsolina dalla quale ha ricevuto buoni sentimenti”. Della signora Evelina, l’avvocato Antonioli ha detto: non aveva una scolarizzazione elevata, ma sapeva il fatto suo. Era intelligente ed era capace di intendere e di volere, almeno era quello che esternamente dava a vedere. A un certo punto le era stato diagnosticato un decadimento organico, ma non vuol per forza dire decadimento mentale”. Le motivazioni della condanna saranno depositate tra 90 giorni. L’avvocato Antonioli ha fatto sapere che ricorrerà in appello.

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