Cronaca

"Terrorizzati" dai vicini. "Non
viviamo più, siamo reclusi in casa"

“Non siamo liberi di fare nulla: loro ci filmano, ci osservano, ci insultano, ci minacciano e ci molestano”. A raccontare il loro incubo, oggi in aula, sono stati Luciano, Lea e Marta (nomi di fantasia), marito, moglie e figlia di 61, 56 e 32 anni, una famiglia di cremonesi che attraverso l’avvocato Davide Lacchini si è costituita parte civile contro Michele e Silvia (nomi di fantasia), 79 e 75 anni, una coppia di vicini che è a processo con l’accusa di stalking. Gli imputati sono assistiti dall’avvocato Stefano Ferrari.

L’avvocato Davide Lacchini

“Per paura del mio vicino non esco più di casa, non vado più neanche a prendere il pane o a buttare la spazzatura, vivo come una reclusa”, ha raccontato Lea, convinta che l’intento degli imputati sia quello di mandarli via dalla loro abitazione “per rilevare loro l’immobile e riunirlo ai propri fabbricati”.

I rapporti di vicinato, prima ottimi, hanno cominciato ad incrinarsi nell’autunno del 2019, quando i due cani di famiglia che abitualmente giravano liberi in giardino erano stati bersagliati da svariati colpi di carabina. “In giardino avevamo già sorpreso il nostro vicino”, hanno raccontato in aula marito, moglie e figlia, “intento a sparare ai piccioni con una carabina. Quando gli abbiamo chiesto spiegazioni in merito ai nostri cani, prima ha negato, ma poi si è fatto scappare che se non ce ne fossimo andati di corsa, quello sarebbe stato soltanto l’inizio“.

Da quel momento in poi sarebbe stato un costante susseguirsi di provocazioni, dispetti, soprusi e litigi, spesso accompagnati da ingiurie. Per l’accusa, nella primavera del 2020, Michele e Silvia, al corrente del problema di Lea e Marta, che in estate dormono con le finestre aperte non potendo utilizzare il condizionatore per problemi di salute, avevano posizionato sul tetto del box di loro proprietà un faro da 500 w che illuminava a giorno l’intera area, obbligandole a chiudere le tapparelle per avere buio in camera e poter dormire.

L’avvocato Stefano Ferrari

E ancora: “quando ci capita di parcheggiare la nostra auto sulla pubblica via davanti alla loro abitazione”, ha continuato a raccontare la famiglia, “sentiamo urla di imprecazione e improperi da parte di Silvia che tra ingiurie e bestemmie lamenta incomprensibilmente di non poter spostare la propria auto”. Nel luglio del 2020 gli imputati avevano hanno fatto installare una telecamera sul loro portone carraio, orientandola, però, verso l’abitazione dei loro vicini.

“Solo grazie all’intervento dei carabinieri”, hanno raccontato Luciano, Lea e Marta, “siamo riusciti a far spostare la telecamera per impedire le riprese della porta di ingresso della nostra abitazione. Tutte le volte che ci vedono in giardino si affacciano dalle loro finestre e ci osservano con provocatoria insistenza, mimando spesso di riprenderci con il telefonino. Quindi noi non andiamo più in giardino, mentre loro curano costantemente i nostri spostamenti, pur di intercettarci e cercare lo scontro verbale”.

Il 25 aprile del 2022, come raccontato in aula da Lea, da anni notoriamente affetta da una patologia oncologica, il vicino le avrebbe detto: “Era meglio se il tumore, al posto di venirti alle tette, ti veniva al cervello”. Il 21 giugno del 2023, mentre la donna stava rincasando, aveva visto il vicino fermo sul marciapiede davanti alla propria abitazione. “Accortosi del mio arrivo”, ha raccontato Lea, “aspettava che mi avvicinassi per sputare a terra dove ero appena passata. Di lui ho paura, mi guarda, mi fissa, mi dice che sono matta. Sono arrivata al punto da non uscire più di casa se non per andare al lavoro sempre accompagnata da un’amica. Sono disperata“. Ancora oggi Lea è in cura “perchè soffro di ansia e di depressione”.

“La nostra serenità familiare è gravemente compromessa”, hanno detto le presunte vittime. “I nostri vicini ci stanno rendendo la vita impossibile”.

Gli imputati si difenderanno nell’udienza del prossimo 16 gennaio.

Sara Pizzorni

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