Cronaca

All'esame della patente non barò,
assolto. Nei guai finirono in 62

Anche un kosovaro di 26 anni residente a Cremona era finito quattro anni fa in una maxi indagine della polizia partita da Brescia il 27 gennaio del 2020 che aveva coinvolto 62 persone in tutta Italia, tutti candidati all’esame per conseguire la patente. Processato a Cremona con il rito abbreviato, oggi l’imputato, assistito dall’avvocato Luca Curatti, è stato assolto.

L’avvocato Curatti e il suo collaboratore avvocato Moggia

Il 13 giugno del 2019 alla Motorizzazione di Cremona il giovane aveva sostenuto l’esame teorico per il conseguimento della patente di guida, documento effettivamente ottenuto il 12 novembre successivo. Ma per l’accusa l’imputato aveva addosso un router portatile abbinato al bluetooth, microfono auricolare e telecamera. Avrebbe dunque barato, inducendo il pubblico ufficiale a fare un atto falso. Nei suoi confronti il pm aveva chiesto otto mesi di reclusione, ma il giudice lo ha assolto. Non c’è la prova che il suo telefonino fosse collegato al router per farsi suggerire le risposte dei test. Il suo smartphone aveva agganciato la cella della via dove all’epoca dei fatti abitava, e quindi c’è la possibilità che quel giorno il candidato avesse lasciato a casa il telefono.

L’indagine bresciana era partita dopo che la polizia aveva smascherato uno dei candidati che si era presentato all’esame con un auricolare color carne, in modo che passasse inosservato, con il router e con il dispositivo bluetooth nascosto nel giubbino. Ad insospettire gli agenti, però, era stata la sua postura, “alquanto statica”. Da lì gli investigatori avevano acquisito i tabulati telefonici da cui era emerso che il router era stato agganciato da 62 diverse utenze telefoniche tra il primo gennaio del 2019 e il 27 gennaio del 2020. In sostanza, i 62 candidati che poi sono finiti nei guai. Tra loro, anche il kosovaro residente a Cremona.

Nelle sue conclusioni, l’avvocato Curatti, affiancato dal suo collaboratore, l’avvocato Enrico Moggia, ha sottolineato che la cella di aggancio del telefono del suo assistito era quasi sotto casa sua. “L’antenna della Motorizzazione”, ha spiegato il legale, “ha anche delle celle prospicenti. Il mio cliente il 13 giugno era sì a fare l’esame, ma se il suo telefono era agganciato alla cella della sua abitazione, quindi vuol dire che poteva benissimo averlo lasciato a casa. Non c’è prova del suo coinvolgimento“. Non solo: l’avvocato Curatti ha poi affrontato la questione dell’inutilizzabilità dei tabulati, in quanto “non possono essere utilizzati se non per reati che prevedono una pena più elevata rispetto a questo caso. C’è inoltre una sentenza della Cassazione che dice che non è sufficiente soltanto il tabulato se non si hanno dei riscontri esterni. E così è stato dimostrato”.

Sara Pizzorni

© Riproduzione riservata
Caricamento prossimi articoli in corso...