Cronaca

Bloccarono il lavoro alla Prosus
Non c'è reato, assolti i 20 imputati

Sono stati tutti assolti i 20 lavoratori della Prosus di Vescovato, la maggioranza indiani, finiti a processo con l’accusa di violenza privata aggravata. “Il fatto non è previsto dalla legge come reato”, ha detto il giudice nella formula dell’assoluzione, chiesta anche dal pm onorario.

Nel maggio del 2019 i lavoratori erano sul piede di guerra “contro il sistema di appalti e cooperative all’interno dell’azienda”, e in quell’occasione, secondo quella che era l’accusa, con presidi non autorizzati, avevano bloccato il lavoro per due giorni, con un danno all’azienda, come stimato dall’allora presidente Gianfranco Caffi, di 300mila euro.

“E’ una questione che deve essere riportata ad una vertenza sindacale, ad una rivendicazione per i lavoratori più fragili“, hanno detto i due difensori, gli avvocati Fabio Farina e Marco Lucentini. “Una vertenza sindacale anche aspra, ma con condotte attuate attraverso gli strumenti ordinari del diritto del lavoro“. Come detto dallo stesso pm nella sua requisitoria, “non ci sono state  intimidazioni, non ci sono state minacce, ma solo una resistenza passiva”.

In quei giorni i manifestanti, circa una 40ina, compresi familiari degli operai, si erano schierati in diverse zone dell’azienda. Il gruppo più sostanzioso era all’interno e bloccava l’ingresso carraio principale con un sit in. Un altro gruppo impediva l’accesso all’ingresso di carico merce, mentre un ultimo gruppo bloccava l’ingresso posteriore, dove accedevano i camion che portavano gli animali.

Caffi aveva chiamato le forze dell’ordine: “In quelle condizioni non era possibile lavorare”, aveva raccontato l’ex presidente. La situazione si era sbloccata il giorno dopo, quando Caffi aveva incontrato i delegati, che, secondo l’accusa, lo avevano costretto ad accettare le condizioni imposte dal rappresentante sindacale, siglando una bozza di accordo tra Prosus e sindacato di base.

In udienza aveva testimoniato anche il delegato sindacale Roberto Montanari, di Usb logistica, che aveva raccontato che la situazione dei lavoratori era critica: “Si volevano unire una serie di rivendicazioni, in quanto c’erano dei lavoratori interinali che con il nuovo appalto non erano stati riassunti. Ma c’erano anche altri problemi, legati al mancato riconoscimento di diverse cose. Il problema di fondo è il sistema malato degli appalti”.

I lavoratori sono imputati anche nel processo “fotocopia” per i fatti dell’8 e del 9 agosto del 2019. Anche in quei giorni avevano impedito fisicamente l’entrata e l’uscita degli automezzi carichi di carne, stazionando vicino al varco di accesso al cantiere attiguo all’azienda, costringendo Caffi a incontrare il delegato sindacale Montanari e a firmare un accordo con il quale si impegnava a sottoscrivere un nuovo appalto di servizi, con fornitore diverso dalla cooperativa “3T”, che garantisse la riassunzione di 19 lavoratori che non erano stati riconfermati dalla cooperativa. Per i fatti di agosto si tornerà in aula il 18 ottobre.

Sara Pizzorni

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