Lettere

"Come a Caravaggio anche a
Picenengo no al Polo logistico"

da Comitato Cemento - Picenengo

Gentile direttore,

In qualità di membri del comitato spontaneo di cittadini di Picenengo, scriviamo per esprimere il nostro pieno appoggio e ammirazione per l’azione intrapresa dalla Diocesi di Cremona nel contrastare l’edificazione del polo logistico vicino al Santuario di Caravaggio. La determinazione e il coraggio mostrati sono un faro di speranza per tutti noi che crediamo nella salvaguardia del suolo, bene quanto mai prezioso per contrastare i cambiamenti climatici e per abbassare le temperature medie dei territori che, in presenza di cemento, aumentano in media di 4 gradi.

Elogiamo questa iniziativa e confermiamo la nostra presenza all’evento del 20 Aprile ma non possiamo fare a meno di sottolineare una questione fondamentale che riguarda tutti noi: la necessità di un’opposizione ferma e univoca contro l’espansione incontrollata di poli logistici e l’erosione del suolo. È imperativo che queste battaglie non si limitino a difendere solo i siti di significato storico o religioso, ma si estendano a tutelare ogni angolo del nostro paesaggio minacciato dall’urbanizzazione selvaggia e dalla speculazione edilizia.

Non tutti sono a conoscenza del fatto che a Picenengo sono recentemente stati approvati due grandi progetti di urbanizzazione: un polo commerciale/artigianale da circa 60 mila mq e un polo logistico da 155 mila mq. Caso vuole che i terreni di quest’ultimo polo (addirittura più estesi di quelli su cui verrà costruito a Caravaggio e per cui la Diocesi si sta mobilitando) siano per una parte di proprietà della Diocesi stessa che ha accettato, in questo caso, di venderli permettendo l’insediamento di un nuovo polo logistico alle porte di Picenengo che andrà a peggiorare sensibilmente le vite dei cittadini.

Ci chiediamo allora se le belle e condivise parole riportate su “Il Mosaico” (strumento di comunicazione della Diocesi) che è arrivato in questi giorni nelle nostre case possano valere anche per Picenengo o siano da considerarsi unicamente riferite ad insediamenti nei pressi di luoghi di culto o di interesse storico.
Ce lo auguriamo fermamente perchè crediamo che il suolo, l’ambiente e il paesaggio debbano essere tutelati in ogni caso.

La diocesi si sta impegnando in un ricorso al TAR per evitare ulteriore consumo di suolo ed interventi che deturpino l’ambiente della nostra Pianura Padana, ma perchè allora il cosiddetto “scudo verde” che propone non può essere ipotizzato, oltre che sui territori nelle vicinanze del Santuario anche anche per gli altri terreni che corrono il rischio della medesima sorte? Perchè non è possibile evitare la vendida della porzione di terreno della Diocesi destinata alla cementificazione?

Con fiducia e speranza nel futuro,

Comitato Cemento – Picenengo

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