Cultura

Convegno su Fiorini e il metodo
cremonese di costruzione dei violini

Sono stati ricordati ieri presso la Scuola di Liuteria Toscana la rinascita del metodo stradivariano nel Novecento e la figura del liutaio Giuseppe Fiorini (Bazzano, Bologna, 1861 – Monaco di Baviera, 1934) che donò a Cremona i cimeli della bottega liutaria di Antonio Stradivari (forme, disegni, attrezzi) attualmente conservati al Museo del Violino.

Nel settore della liuteria la storia del liutaio Giuseppe Fiorini rappresenta davvero un caso speciale che merita un approfondimento particolare a 90 anni dalla scomparsa perché, senza diminuire la portata di altre operazioni di mecenatismo, ha rappresentato, fuori da ogni considerazione soggettiva, un punto di svolta e di rinascita per la liuteria cremonese del Novecento e, di riflesso, anche per quella nazionale.

Tra i relatori presenti alla Scuola di Liuteria Toscana Gualtiero Nicolini, Roberto Regazzi, Roberto Fiorini e Fabio Perrone che hanno tracciato il profilo del liutaio bolognese Giuseppe Fiorini e le vicende storiche legate alla donazione del 1930 dei cimeli stradivariani alla città di Cremona.

La vicenda di Fiorini può essere comparata, mutatis mutandis, con la storia di molti musei d’impresa odierni alcuni dei quali sono nati grazie ad una attenta pianificazione patrimoniale e alla filantropia e che, come nel caso di Fiorini riferito alla liuteria cremonese, ha favorito lo sviluppo culturale e la produzione artistica liutaria nell’ultimo secolo.

L’azione di mecenatismo di Fiorini è stata, per così dire, una operazione “pura”, senza aspirare a benefici fiscali o a ritorni di immagine anticipando di molti anni l’opera di un’altra straordinaria persona, Adriano Olivetti, grande imprenditore, ingegnere e politico italiano i cui interventi di mecenatismo hanno segnato la storia italiana superando la dimensione della pura sponsorizzazione finanziaria per assumere la forma di un contributo di idee, di competenze tecnologiche e di capacità organizzative, finalizzate ad un’autentica valorizzazione del patrimonio artistico.

Giuseppe Fiorini, ad inizio Novecento, fu l’unico in Italia a comprendere il valore storico e il potenziale che il corredo stradivariano avrebbe potuto avere nel rilancio dell’arte liutaria in Italia. L’idea dell’acquisizione del corredo stradivariano dagli eredi di Cozio di Salabue non fu mai slegata dal desiderio di creare una scuola di liuteria che, partendo dallo studio dei cimeli, degli attrezzi, delle forme e dei disegni di Antonio Stradivari permettesse di arrivare ad una completa conoscenza dell’arte antica che aveva raggiunto vette altissime nel Settecento e che era quasi completamente scomparsa da Cremona a fine Ottocento.

Oggi, nella nostra contemporaneità, molte imprese manifatturiere e commerciali hanno capito l’importanza di creare un forte legame tra il mondo della cultura e quello imprenditoriale. L’avventura dell’industria italiana, iniziata oltre cento anni fa, non è più percepita come patrimonio del singolo individuo: si cerca sempre più di legarla ad un territorio o ad una collettività. In questa chiave assumono grande importanza i musei aziendali o d’impresa che, rifacendosi al percorso intellettuale e produttivo del passato, possono fornire idee, suggerimenti ed intuizioni alle nuove generazioni per il presente ed il futuro.

Se oggi le aziende hanno maturato la consapevolezza che i musei a loro legate possono rappresentare un canale comunicativo privilegiato per guadagnare non solo visibilità ma anche prestigio storico e culturale, Giuseppe Fiorini lo aveva capito chiaramente anticipando i tempi e lo ha applicato per un rilancio attivo non di una singola impresa ma… di tutta la liuteria cremonese ed italiana.

Le collezioni dei prodotti della piccola impresa artigianale, i disegni tecnici della grande impresa meccanica o il campionario conservato con cura dall’impresa commerciale, rappresentano le testimonianze più vive di una cultura materiale che, muovendosi dall’attività economica, si carica di valenze generali che la superano. Nulla di dissimile per la liuteria dove la conservazione, lo studio e l’esposizione dei cimeli stradivariani dovevano restituire sapienza, prestigio ed onore ad un’arte nazionale che agli inizi del Novecento stava languendo.

Se da una parte i musei d’impresa sono oggi interessati alla promozione commerciale del brand aziendale e mostrano quanto sia necessaria, anzi fondamentale, la contestualizzazione del valore aggiunto negli oggetti prodotti per accrescere il vantaggio competitivo, parimenti Fiorini pensava che l’acquisizione e il lascito dei cimeli stradivariani depositati perpetuamente a Cremona potessero in qualche modo ricreare quel legame con la storia e la tradizione tanto da giustificare ciò che ancora oggi rappresenta un plus valore, ovvero il cosiddetto “museo-territorio”.

Il Museo stradivariano dal 1930 al 2013 e poi il Museo del Violino dal 2013 ad oggi hanno rappresentato, grazie a Fiorini, quanto previsto dal D.M. 10 maggio 2001 ovvero lo stretto rapporto che può esserci tra impresa e territorio, evidenziando al meglio sia il valore aggiunto del bene posizionale come risorsa produttiva (strumenti di alta liuteria prodotti artigianalmente) sia i benefici, non solo economici, procurati al contesto territoriale dalla presenza dei documenti storici che meglio possono raccontare il saper fare liutario cremonese riconosciuto nel 2012 dall’Unesco come patrimonio immateriale dell’umanità. Tutto ciò sarebbe stato impensabile senza il gesto filantropico di Giuseppe Fiorini al quale, ancor oggi, Cremona deve moltissimo.

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