Cronaca

Morto Gianandrea Allegri, studioso
di terre tra parmense e cremonese

Le terre del Grande fiume hanno salutato, con l’inizio dell’anno, il geometra Gianandrea Allegri, una autentica miniera di saperi legati al passato delle nostre zone. La sua vita è stata un autentico inno, dei più solenni, alla storia di quei territori che si affacciano sull’una e sull’altra riva del Grande fiume. Un amore dimostrato con i fatti, prima ancora che con le parole, e con scritti che oggi sono una eredità immensa, un giacimento da custodire con cura e con particolare attenzione, a cui attingere a piene mani, e con sicurezza, ma ancora di più con quella gratitudine che si deve ai grandi, a quelli che come lui hanno saputo scavare nel passato, per tenerlo vivo nel presente e proiettarlo nel futuro.

I risultati dei suoi studi, delle sue ricerche, dei suoi approfondimenti sono destinati a restare, per sempre, una pietra miliare ed un prezioso punto di riferimento per tutti coloro che desiderano conoscere e studiare il passato delle terre del Grande fiume, e non solo. Molto conosciuto e stimato anche in terra cremonese, un passato da consigliere comunale e da vicesindaco di Zibello (paese nel quale viveva da decenni), era stato anche fondatore della Pro loco di Zibello e, alcuni anni fa, dall’amministrazione comunale guidata dal sindaco Andrea Censi era stato insignito della medaglia d’oro del premio Giovan Francesco Pallavicino, insieme al professor Umberto Primo Censi, altro insigne studioso e cultore di storia locale.

La più alta onorificenza locale se la era ampiamente meritata grazie proprio ai suoi studi, alle sue ricerche e alle pubblicazioni di cui era coautore. Geometra di assoluta competenza, per anni ha guidato lo studio tecnico di famiglia seguendo, con grande attenzione, molte realizzazioni, in particolare il restauro e la sistemazione di edifici pubblici e privati anche di Cremona e provincia.

Palazzi storici che, se sono tornati al loro antico ed originario splendore, lo devono alla sua passione, alla sua competenza e al suo amore per la storia. In ogni occasione si è sempre prodigato proprio per conservare e salvaguardare ogni elemento del passato, conscio del fatto che ogni pietra, anche la più semplice, è custode della storia. Quella storia, anche remota che, da appassionato e cultore di archeologia, conosceva alla perfezione.

Viveva nella centralissima contrada Pallavicino di Zibello, una autentica miniera di saperi, la stessa in cui vivono anche il professor Umberto Primo Censi e Paolo Capelli ed in cui viveva anche l’indimenticato professor Carlo Soliani. Con loro aveva dato vita ad una serie di studi e ricerche, dando un contributo fondamentale alla crescita della comunità, e alla tutela e promozione della storia del territorio.

Un percorso, quello di Allegri, Censi, Capelli e del compianto professor Soliani, iniziato sin dalla fine degli anni ’70, sviluppatosi in gran parte tra i documenti dell’archivio Pallavicino, donati dal marchese Pierluigi, in tempi diversi, alla Biblioteca della Fondazione Cariparma di Busseto. Ma che si è poi esteso anche a numerose altre biblioteche ed archivi, pubblici e privati (anche di Cremona e provincia), dando vita ad una eccezionale e corposa avventura culturale che ha permesso di ripercorrere, nei secoli, la storia di tutto l’antico Oltrepo cremonese.

Un lavoro che si è svolto con la collaborazione preziosa del professor Corrado Mingardi, sotto la regia del professor Carlo Soliani, e che ha portato alla creazione di quella monumentale e pregevole collana di volumi dal titolo Nelle Terre dei Pallavicino che non può assolutamente mancare nelle librerie di coloro che desiderano conoscere meglio e studiare la storia dei nostri territori. Senza dimenticare poi i numerosi altri volumi e i tanti studi compiuti ripercorrendo la storia del territorio. Tra questi, in particolare, il volume Notte e alba d’una cattedrale. La pieve-santuario di Borgo San Donnino nei secoli IX-XII che Allegri e Censi hanno dedicato al professor Carlo Soliani, col quale, per tanti anni, hanno formato una squadra straordinaria di studiosi.

Gianandrea Allegri, insieme ai suoi colleghi di ricerche aveva ampiamente approfondito gli studi relativi al dominio Cremonese, sulla zona a sud del Po, ipotizzando che questo potesse risalire addirittura al periodo tardo romano. Quando cioè, alla soppressione dei due municipi limitrofi di Fidentia e Florentia i loro territori, furono smembrati e attribuiti a quelli confinanti di Parma, Placentia e Cremona, in quanto ancora relativamente efficienti ed in grado di garantire un minimo di servizi, quantomeno col mantenimento del Cursus Publicus.

A conferma di quest’ultima ipotesi sta il fatto che la definizione dei confini fra i Ducati di Parma e Piacenza, che risale all’epoca longobarda e più precisamente al regno d’Adaloaldo, (prima metà del VII secolo) inizia dal Pontecello in strada o Ponte Marmoriolo (luogo sul torrente Ongina a nord della Via Emilia) e procede verso sud. Molto probabilmente perché, più a nord, i due ducati non confinavano, in quanto, a cuneo fra di essi, si trovava il territorio facente capo al gastaldato di Sospirò, del quale, in quell’epoca, anche la stessa città di Cremona faceva parte.

L’Ultra Paduni, com’era definito dai Cremonesi, fu, per secoli, terra di conquista e campo di battaglia sul quale si affrontarono gli eserciti di Parmigiani e Piacentini, gli uni e gli altri, a volte alleati, a volte nemici, dei Cremonesi. In ogni modo, mentre il confine col territorio Piacentino era ormai sicuramente definito dal corso del torrente Ongina deviato nel suo attuale alveo presso la località Case Marchesi, posta in prossimità del confine con Alseno e Piacenza, un tempo denominata Cluxa Marchexi, fra Parmigiani e Cremonesi, negli anni fra il 1224 e il 1226, con l’aiuto, d’arbitri Reggiani e Modenesi fu definita, anche con apposizione di termini, la linea di confine lungo la quale fu poi scavato il fossato denominato Fossa Parmigiana. Questa aveva la funzione di raccogliere le acque provenienti dal Parmigiano ed evitare che scolassero nel territorio Cremonese provocandovi inondazioni.

In essa, nel 1286, i Parmigiani deviarono il torrentello Rigosa, che nasce fra le colline attorno a Fornio. Questo per tenere alimentato il flusso dell’acqua e rendere più difficile il superamento del confine fra Cremonese e Parmigiano, dopo che nel 1284, in periodo di carestia, era stata tagliata, proprio in corrispondenza della Fossa stessa, la strada che da Soragna portava a Ragazzola, onde evitare l’esportazione, verso il territorio Cremonese, di derrate alimentari. E questo non è che un piccolo assaggio dei tanti studi che Allegri ha compiuto e realizzato, rendendo viva, presente e attuale una storia che è, appunto, quella dei nostri territori. Studi per i quali gli si deve un grande Grazie che possa arricchire il plauso sincero che l’assemblea gli ha dedicato martedì, 2 gennaio, nel giorno delle esequie.

Eremita del Po, Paolo Panni

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