Ambiente

30 anni di avifauna in città,
lo studio: scomparse 88 specie

Tra 1990 e 2020 sono 88 le specie di uccelli sparite dal contesto urbano di Cremona, contro le 30 che hanno fatto il loro ingresso in città. Un bilancio negativo quello che emerge dall’ultimo studio del professor Riccardo Groppali, “Avifauna in città”, presentato ieri nella sede di Fondazione Città di Cremona, che ne ha curato la pubblicazione all’interno del più ampio progetto di valorizzazione di Bosco Mainardi, di fianco a Cremona Solidale, di cui proprio il 15 dicembre ricorre il 79esimo anno dal bombardamento che distrusse la cascina e la villa padronale, oltre alla vita di 20 persone.
Lo studio è il risultato di un trentennio di osservazione dell’avifauna nidificante e svernante – 156 le specie censite – effettuate da Groppali e da 11 collaboratori in diversi punti della città: dal centro alla prima periferia, da piazza del Duomo all’ex raffineria Tamoil, sito che ha riservato diverse sorprese.
Quattro i periodi di osservazione: 1990-1993, 2001-2004, 2010-2013 a cui si è aggiunto uno sguardo d’insieme tra 1990 e 2020.  I 1.430 ettari d’area urbana sono stati divisi in unità di rilevamento ampie 0,25 kmq, e ciascuna delle oltre 2.600 segnalazioni raccolte da Groppali è stata riferita al suo sito di censimento e alle tipologie urbane del punto di rilevamento, una peculiarità che, insieme all’estensione temporale,  rende lo studio un unicum tra quelli effettuati finora.
Il motivo per cui alcune specie proliferano nell’ambiente urbano è dovuto a un ambiente più ospitale rispetto ad una campagna quasi del tutto priva di siepi e fasce boscate tra un campo e l’altro, elementi fondamentali per garantire luoghi dove nidificare, cibarsi e sostare.
E poi hanno contribuito un miglior microclima invernale e l’assenza di persecuzione antropica, compensata però da una maggiore aggressività dei gatti: ben 52 le colonie rilevate da Groppali, per 4000 esemplari che, insieme ai cani lasciati liberi nei parchi, stanno facendo strage degli esemplari più giovani e dei nidi a terra.
Tra le specie un tempo presenti e oggi  scomparse, si annoverano l’averla, il corvo, la beccaccia. Le rondini sono minacciate da svariati fattori tra cui la riduzione di prati  (Groppali è l’ispiratore dei recenti “prati selvatici” lasciati crescere in varie zone di Cremona), la diversa struttura delle stalle, l’uso eccessivo di insetticidi; sempre meno anche i cardellini, in crisi profonda il passero d’Italia.
E non sono mancate critiche alla gestione del verde in città, come a proposito del recente drastico taglio avvenuto nell’ex polveriera di Via Milano: “Capisco i motivi legati alla sicurezza”, ha commentato lo studioso, “ma ci si poteva limitare ai pioppi più vicini all’ingresso, mentre ritengo eccessivo aver aperto viali e vialetti per il passeggio”. Inoltre, “le potature drastiche eseguite per tanti anni in città hanno contribuito ad indebolire le piante”.
Tra le presenze stabili, oltre all’onnipresente piccione di città, ormai difficile da contenere se non agendo sui fabbricati che lo ospitano, ci sono il picchio rosso maggiore, la ghiandaia, l’airone cinerino e persino il gabbiano reale che iniziato a nidificare in centro città. In crescita anche l’ibis sacro, il guardabuoi, l’occhione osservato nell’ex raffineria, il Cavaliere d’Italia.
Amara la conclusione di Groppali: la scomparsa di 88 specie in trent’anni, a cui si potrebbe porre rimedio ad esempio riducendo fortemente insetticidi e diserbanti e rinaturalizzando gli ambienti,  potrebbe prefigurare una città in cui il suono dei clacson prevarrà sempre più su quello dell’avifauna: “E’ questo il futuro che vogliamo?”, la domanda finale.
Il volume che raccoglie i quattro studi, arricchito dalle illustrazioni dell’ornitologo Sergio Frugis, di Anna Mosconi e dell’autore, è disponibile gratuitamente nella sede di Fondazione Città di Cremona, in piazza Giovanni XXIII a Cremona.

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