Cronaca

Sabrina Beccalli, fu omicidio
Per Pasini condanna definitiva

Confermata condanna a 18 anni e 8 mesi
Sconterà la pena in carcere

Pasini con l'avvocato Sperolini in Corte d'Assise d'Appello a Brescia

I giudici della Corte di Cassazione hanno emesso il verdetto definitivo per il 47enne cremasco Alessandro Pasini, condannato a 18 anni e 8 mesi per l’omicidio di Sabrina Beccalli, la 39enne bruciata a Ferragosto del 2020 nella sua Fiat Panda nelle campagne di Vergonzana, a Crema, e scambiata per la carcassa di un cane.

La Suprema Corte ha dunque confermato la decisione emessa lo scorso 10 marzo dai magistrati della Corte d’Assise d’Appello di Brescia, che avevano ribaltato completamente la sentenza del gup di Cremona, che il 29 ottobre del 2021 aveva assolto Pasini dall’omicidio, rendendolo un uomo libero e condannandolo a 6 anni solo per i reati di distruzione di cadavere e incendio. Oggi a Roma lo stesso procuratore generale aveva chiesto la conferma della condanna. Ora l’imputato sconterà la condanna in carcere. Ai tre fratelli della Beccalli, come risarcimento, andrà una provvisionale di 65.000 euro a testa, mentre al figlio minorenne della vittima, 235.000 euro.

Sabrina Beccalli

“Non c’è molto da gioire, poichè in questa vicenda hanno perso tutti”, ha commentato l’avvocato della famiglia Beccalli, Antonino Andronico: “Sabrina non ci verrà restituita. Pasini ha perso la libertà, e per fortuna siamo riusciti ad arrivare ad un risultato dopo i molti errori che si sono susseguiti, grazie allo scrupolo e all’attenzione dei giudici della Corte d’Assise d’Appello di Brescia e della Procura generale”.

Fondamentali, ai fini della sentenza di secondo grado, erano stati i testimoni che la Corte aveva voluto sentire prima di decidere, e cioè i consulenti tecnici del pm: l’anatomopatologa Cristina Cattaneo, Domenico Candia e Debora Mazzarelli; gli esperti incaricati dall’avvocato di parte civile Antonino Andronico: il generale Luciano Garofano il brigadiere Edi Sanson; Angelo Grecchi, medico legale degli avvocati Stefania Amato e Paolo Sperolini, difensori di Pasini; i carabinieri del Ris e la vicina di casa che intorno alle 5 del mattino aveva sentito l’urlo di una donna chiedere aiuto.

L’anatomopatologa Cattaneo aveva parlato di microfratture alla mandibola e alla mascella, e di una lesione “a stampo” provocata da un colpo violento con un corpo contundente sferrato dall’alto al basso. Una lesione a forma circolare, forse compatibile con l’anello di ferro fissato sul manico di una roncola trovata nel ripostiglio.

L’avvocato Andronico

Nel processo di primo grado, quella roncola non era stata presa in considerazione in quanto sulla lama non erano state trovate tracce di sangue. Secondo la Cattaneo, quelle microfratture alla mandibola e alla mascella non avrebbero potuto essere state provocate da una caduta seguita ad uno svenimento e all’impatto contro il bordo della vasca da bagno. Sabrina sarebbe stata colpita quand’era ancora in vita.

Pasini e la Beccalli si erano incontrati nella notte tra il 14 e il 15 agosto del 2020 nella casa di Susanna, ex compagna dell’imputato, per consumare droga. Nell’abitazione di via Porto Franco, a detta di Pasini, Sabrina era morta per una overdose e non per mano sua, mentre per la procura il 47enne l’avrebbe condotta in quell’appartamento, probabilmente per avere rapporti sessuali. Dopodichè, in seguito ad una lite, lui ne avrebbe provocato la morte, causata da un’emorragia cerebrale seguita a un colpo violento al capo.

In seguito aveva caricato sulla Fiat Panda il cadavere della vittima, dando fuoco all’automobile per occultare le tracce del delitto. Sempre con l’intento di cancellare le tracce, aveva anche cercato di far saltare in aria l’appartamento di via Porto Franco, tagliando il tubo di conduzione del gas della caldaia. Pasini ha sempre e solo ammesso di aver bruciato il corpo dell’amica e di aver tagliato il tubo del gas. Non di averla uccisa.

Nella motivazione del giudizio di assoluzione di primo grado, il gup di Cremona aveva sottolineato che “il meccanismo del decesso rimane di natura indeterminata” a causa del “clamoroso errore verificatosi nelle sue fasi iniziali che ha determinato la irrimediabile dispersione di gran parte dei resti della donna, scambiata per la carcassa di un cane”. Gli esperti, infatti, hanno potuto lavorare solo su 910 grammi di cadavere.

La Corte d’Assise d’Appello aveva però ritenuto ci fossero sufficienti elementi per la condanna: “Lo stato dei reperti”, era scritto nella motivazione, “non ha impedito di giungere a conclusioni su cosa sia accaduto al capo di Sabrina, e dunque affermare che nel cranio vi erano tre fratture provocate da un’azione contundente esercitata con elevata energia quando la persona offesa era ancora in vita”. Quello dell’imputato è stato “un lucido piano di cancellazione delle tracce di quanto accaduto e di depistaggio”. Di sconosciuto, avevano ammesso i giudici, è rimasto il movente. “Questo, però, non significa che un compendio indiziario reputato già idoneo a sorreggere l’accusa non possa condurre ad una pronuncia di responsabilità”.

Sara Pizzorni

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