Cronaca

Caso Melega: l'imprenditore
condannato a 10 anni e 5 mesi

Dopo un’ora e tre quarti di camera di consiglio e un processo di 27 udienze, i giudici del tribunale di Cremona hanno emesso sentenza nei confronti di Marco Melega, 51 anni, accusato di associazione a delinquere finalizzata alle truffe online, frode fiscale, riciclaggio e due episodi di bancarotta.

Il pm Treballi

L’imprenditore cremonese è stato condannato a 10 anni, 5 mesi e 15 giorni di reclusione. Caduta l’accusa di associazione per delinquere, l’imputato è stato condannato per gli altri reati e per decine di episodi di truffa, più una serie di pene accessorie, come l’interdizione in perpetuo dai pubblici uffici e inabilitato all’esercizio di un’impresa commerciale e incapace ad esercitare uffici direttivi in qualsiasi impresa per la durata di 5 anni. Il giudice ha anche disposto la confisca di quanto in sequestro per un valore corrispondente a 1.301.028,75 euro.

Per Melega, il pm Chiara Treballi aveva chiesto una pena di 12 anni. La motivazione sarà depositata entro 90 giorni.

Secondo il pm, Melega, avvalendosi di diversi prestanome e società “cartiere”, aveva messo in piedi un meccanismo finalizzato a riciclare a proprio vantaggio il denaro illecitamente accumulato attraverso le truffe online. Le fasi prevedevano la costituzione di società intestate a prestanomi, pubblicizzate su emittenti televisive e radiofoniche di rilievo nazionale e che vendevano a prezzi concorrenziali, attraverso siti di e-commerce, prodotti di vario genere, come vini pregiati, buoni carburante, prodotti elettronici.

Secondo quanto accertato dalla guardia di finanza nell’operazione “Doppio Click”, le somme di denaro ricevute sui conti correnti delle società utilizzate per le truffe erano trasferite ad altre società, simulando il pagamento di operazioni in realtà mai effettuate e quindi successivamente monetizzate attraverso altri trasferimenti, oppure sotto forma di stipendi, pagamenti di consulenze, anticipazioni di utili.

A capo di alcune delle società erano state messe “teste di legno“, persone che nulla avevano a che fare con il mondo manageriale. Tutti “piazzati” per amministrare le società che dopo aver guadagnato denaro, sparivano.

“Tutte le decisioni le prendeva Melega”, aveva detto il pm, “che aveva in Cristiano Visigalli il suo interlocutore privilegiato”. Per la procura e per la guardia di finanza, Visigalli era “l’uomo di fiducia” di Melega. Entrambi erano stati arrestati nel luglio del 2019. Visigalli, che ha già patteggiato in udienza preliminare una pena di 4 anni e sei mesi, aveva scaricato tutte le responsabilità sull’imprenditore cremonese”.

“E’ finita come ci si aspettava”, hanno commentato i difensori di Melega, gli avvocati Luca Angeleri e Ilenia Peotta, “perchè dopo un processo di questa entità, ottenere un’assoluzione era improbabile. La strada è ancora lunga. Ora aspettiamo di leggere la motivazione e poi faremo quel che riteniamo corretto fare”.

Gli avvocati Angeleri e Peotta

Lo scorso 12 ottobre, Melega era venuto in aula a difendersi, dicendosi vittima del suo “braccio destro”. “Era Visigalli che aveva piena autonomia gestionale”, aveva spiegato. “Era lui che amministrava le società. Per tutto ciò che riguardava il marketing, invece, si rivolgeva a me, mi chiedeva consiglio su tantissime cose. Io per lui ho fatto solo da intermediario”.

Per l’imputato, era stato Visigalli a realizzare materialmente tutte le operazioni finalizzate alla truffa, come ad esempio la sottoscrizione di contratti fasulli del ramo di azienda pubblicitario, colui che identificava e reclutava i diversi prestanome, che operava sui conti correnti delle società destinatarie del denaro ottenuto tramite i raggiri e che poi girocontava in favore di altre imprese, come la Domac e la Consulting, affinchè venissero ‘ripuliti’ prima che gli stessi fuoriuscissero in favore degli effettivi beneficiari.

La difesa aveva attaccato le indagini della finanza parlando di “un teorema senza prove. La finanza ha dato tutto per scontato facendo indagini lacunose e superficiali. Per quale motivo, Melega, che guadagnava già stipendi da nababbo per aver portato nel mondo pubblicitario il sistema del barter, lo scambio di beni e servizi senza l’utilizzo del denaro, avrebbe dovuto fare queste banali truffe?. Si tratta di un imprenditore capace, e a volte, è vero, anche spregiudicato. Un imprenditore geniale, e proprio per questo distante dal commettere questo genere di raggiri”.

Sara Pizzorni

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