Spettacolo

Quando gli insulti fanno ridere
Angelo Duro al Ponchielli

Angelo Duro al teatro Ponchielli (foto Francesco Sessa)

Il dito medio alzato come chiosa, saluto, cifra comica, game set & match. Perché Angelo Duro vince così, provocando e riempiendo i teatri di tutta Italia, “Ponchielli” di Cremona compreso. Due ore di monologo a risata cadenzata, a volte sguaiata altre trattenuta perché le battute sono ciniche, taglienti, dissacranti, le pause sceniche lasciano spesso in chi ascolta la preoccupazione di dove possa spingersi il comico palermitano.

Nel suo “Sono cambiato” che sta facendo il tutto esaurito ovunque venga proposto, Angelo Duro non accenna a smussare gli angoli di una stand up comedy che non scende a compromessi e in teatro trova la sua dimensione. “Sono cambiato. Sì, in peggio. Per questo venite ad ascoltarmi” è l’autodenuncia dell’artista che non ride mai e che nel 2010 iniziava la sua scalata a “Le iene”, in Mediaset, con le folli incursioni nei comizi politici de “Il cantante senza pubblico” o “Nuccio vip”.

Ad accompagnare Angelo Duro, da allora, un pubblico sempre più numeroso, una fanbase alimentata negli anni dalla sua presenza social. A febbraio, poi, il discusso palco dell’Ariston, voluto dal padrone di casa Amadeus e poi scalettato nel Festival oltre la fascia protetta per il rischio dei contenuti proposti.

Risvolto poco gradito: “Mi ha chiamato per Sanremo mi han mandato a Uno Mattina”. Irriverente, rabbioso, volgare, allergico al mondo che lo circonda. Anche a Cremona il comico aggancia subito il pubblico con un avvio ormai rodato: ingresso e silenzio, fissando platea e palchi che accendono la miccia con applausi, urla e battute. E a lui basta aprir bocca per innescare ilarità. Ogni frase, a volte ogni verso, son risate.

Centro palco, microfono a filo nella mano destra e quattro dita della sinistra infilate in tasca, Angelo Duro dà vita a un continuo sfogo contro tutto e tutti fatto di gag esilaranti: dai difetti corporei alla religione, dalle inclinazioni sessuali alle differenze di genere, tutto finisce nel tritacarne del comico siciliano. E il mix che ne scaturisce è uno spettacolo da maneggiare con cura. L’asticella della provocazione non conosce limiti d’altezza, così come l’onda di successo che accompagna Angelo Duro da qualche anno a questa parte. E forse anche le critiche post-sanremesi per il suo monologo all’Ariston hanno alimentato ancor di più l’interesse per una comicità non da prime time su Mamma Rai, ma da pienone reale a teatro e virtuale nell’arena social.

Simone Arrighi

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