Cattolica, memoria liturgica
della Beata Armida Barelli
Domenica 19 novembre cade la memoria liturgica della beata Armida Barelli (1882-1952), cofondatrice con padre Agostino Gemelli dell’Università Cattolica del Sacro Cuore.
A Cremona, il Campus di Santa Monica aprirà a tutti le sue porte con l’invito a partecipare alle 10.30 alla S. Messa presieduta dall’Assistente don Maurizio Compiani. In tale occasione, la reliquia della Barelli troverà definitiva collocazione entro un’opera commissionata a Enrico Sassi, conosciuto in città per la sua maestria nel plasmare il metallo, al punto di essere stato definito “il fabbro di Dio”. Lavorata interamente a mano, e donata all’Ateneo dall’artista e dalla moglie Mariarosa, l’opera sarà collocata nella nicchia all’entrata della cappella. Sarà anche possibile ammirare il mobile seicentesco da sacrestia, che ora impreziosisce il luogo sacro: si tratta di un recentissimo acquisto reso possibile anche grazie al contributo di un anonimo sostenitore.
Al termine della celebrazione, coloro che lo desiderano potranno partecipare a una visita guidata al Campus.
Beatificata lo scorso anno da Papa Francesco, Armida Barelli, donna di spicco nella storia del cattolicesimo italiano del Novecento, è figura di cultura e di fede straordinariamente contemporanea. Aperta al mondo con acuto sguardo critico, tenace e attiva nella testimonianza, profondamente radicata nella fede, instancabile nella missione che le venne affidata a favore dell’Università Cattolica del Sacro Cuore e dell’Azione Cattolica, ha segnato la via di una santità robusta, nutrita di quella radicalità evangelica che scaturisce dalla grazia del Battesimo.
La S. Messa celebrata nella sua memoria sarà l’occasione per riconfermare l’Ateneo nei principi ispiratori che hanno dato vita alla sua storia fin dalla fondazione. Sarà anche l’opportunità per i presenti, di riflettere sulla propria presenza nel mondo da credenti, lasciandosi ispirare da Armida che papa Francesco così descrive: “Risuona ancora oggi l’invito della Beata a non accontentarsi di vivere in modo accomodante, adagiandosi tra compromessi e auto-assoluzioni – “non ce la faccio”, “non sono all’altezza”, “non ho tempo” e così via –, ma a vivere piuttosto da apostoli della e nella gioia”.