Bce: “Spread in Italia sale più che in altri Paesi”
(Adnkronos) – In Italia lo spread sale più che in altri Paesi europei e a pesare, tra gli altri fattori, sono anche le notizie sulle misure contenute nella Manovra 2024. A evidenziarlo è la Banca Centrale Europea nel suo bollettino.
In Eurozona i rendimenti dei titoli di Stato decennali, spiega infatti la Bce, “si sono generalmente mossi in linea con i tassi a lungo termine privi di rischio. Durante il periodo in esame le variazioni dei differenziali sui titoli di Stato sono state molto contenute, con l’eccezione del differenziale italiano, che si è in qualche misura ampliato, verosimilmente per effetto di fattori idiosincratici collegati, tra le altre cose, alle notizie riguardanti le misure fiscali previste dalla legge di bilancio nazionale”.
Il 25 ottobre, si legge più in generale, il rendimento medio ponderato per il Pil dei titoli di Stato decennali dell’area dell’euro si è collocato intorno al 3,5%, circa 25 punti base al di sopra del livello registrato all’inizio del periodo in esame.
Gli aumenti dei tassi di interesse stabiliti dalla Bce in questi mesi “seguitano a trasmettersi con vigore alle condizioni di finanziamento, frenando in misura crescente la domanda e contribuendo pertanto alla riduzione dell’inflazione”, indica ancora l’istituto di Francoforte. Il consiglio direttivo, si legge nel documento, “è determinato ad assicurare il ritorno tempestivo dell’inflazione all’obiettivo del 2% nel medio termine” e “sulla base della valutazione corrente, ritiene che i tassi si collochino su livelli che, mantenuti per un periodo sufficientemente lungo, forniranno un contributo sostanziale al ritorno tempestivo dell’inflazione all’obiettivo”.
Le decisioni future del consiglio direttivo, prosegue la Bce, “assicureranno che i tassi di riferimento della Bce siano fissati su livelli sufficientemente restrittivi finché necessario a garantire tale ritorno tempestivo. Il consiglio direttivo continuerà a seguire un approccio guidato dai dati nel determinare livello e durata adeguati dell’orientamento restrittivo. In ogni caso – spiega ancora l’istituto di Francoforte nel bollettino – il consiglio direttivo è pronto ad adeguare tutti gli strumenti di cui dispone nell’ambito del proprio mandato per assicurare che l’inflazione ritorni sul suo obiettivo di medio termine e per preservare l’ordinata trasmissione della politica monetaria”.
“Rischi al rialzo per l’inflazione potrebbero derivare da un aumento dei costi dei beni energetici e alimentari. Le accresciute tensioni geopolitiche potrebbero sospingere al rialzo i prezzi dell’energia nel breve periodo, rendendo più incerte le prospettive di medio termine”, si sottolinea ancora.
Inoltre, si legge, i fenomeni meteorologici estremi, e più in generale il dispiegarsi della crisi climatica, “potrebbero far salire i prezzi dei beni alimentari oltre le attese. Un incremento duraturo delle aspettative di inflazione al di sopra dell’obiettivo del Consiglio direttivo, oppure aumenti delle retribuzioni o dei margini di profitto maggiori rispetto a quanto previsto, potrebbero altresì spingere al rialzo l’inflazione, anche nel medio termine. Per contro, un indebolimento della domanda, attribuibile ad esempio a una più intensa trasmissione della politica monetaria o a un deterioramento del contesto economico nel resto del mondo a fronte dei maggiori rischi geopolitici, allenterebbe le pressioni sui prezzi, soprattutto nel medio periodo”, scrivono ancora dall’istituto di Francoforte.
“La maggior parte delle misure dell’inflazione di fondo continuano a scendere. Allo stesso tempo, le pressioni interne sui prezzi restano forti, anche di riflesso alla crescente importanza dell’incremento delle retribuzioni. Le misure delle aspettative di inflazione a più lungo termine si collocano per la maggior parte intorno al 2%. Nondimeno, alcuni indicatori rimangono elevati e necessitano di un attento monitoraggio”, comunica la Bce.
Al momento “l’economia dell’area dell’euro resta debole” ed “è probabile che rimanga debole nella parte restante del 2023. Tuttavia, con l’ulteriore diminuzione dell’inflazione, la ripresa dei redditi reali delle famiglie e l’aumento della domanda di esportazioni dall’area dell’euro, l’attività dovrebbe rafforzarsi nei prossimi anni”, evidenzia quindi la Bce nel suo bollettino economico.
Attualmente, “i dati recenti indicano che il prodotto del settore manifatturiero ha continuato a contrarsi. La modesta domanda estera e l’inasprimento delle condizioni di finanziamento gravano in misura crescente sugli investimenti e sulla spesa per consumi. Anche il settore dei servizi mostra un’ulteriore perdita di vigore, principalmente riconducibile al propagarsi ad altri settori dell’indebolimento dell’attività industriale, all’attenuarsi dello stimolo derivante dagli effetti delle riaperture e all’ampliarsi dell’impatto dei più elevati tassi di interesse”.
L’attività economica, indica inoltre la Bce, “è stata finora sostenuta dal vigore del mercato del lavoro. Il tasso di disoccupazione si è collocato al minimo storico del 6,4 per cento ad agosto. Al tempo stesso, vi sono segnali di un indebolimento del mercato del lavoro. Diminuisce il numero dei nuovi occupati, anche nel settore dei servizi, coerentemente con la graduale trasmissione del raffreddamento dell’economia all’occupazione”.
“I rischi per la crescita economica restano orientati verso il basso. L’espansione economica potrebbe risultare inferiore se gli effetti della politica monetaria si rivelassero più forti delle attese. Sulla crescita peserebbe anche l’indebolimento dell’economia mondiale. La guerra ingiustificata della Russia contro l’Ucraina e il tragico conflitto innescato dagli attacchi terroristici in Israele sono significative fonti di rischio geopolitico”, si legge nel bollettino.
“Ciò – scrivono da Francoforte – potrebbe indurre, in imprese e famiglie, una perdita di fiducia e una maggiore incertezza, indebolendo ulteriormente la crescita. Per converso, l’espansione economica potrebbe rivelarsi superiore alle aspettative se, grazie alla perdurante tenuta del mercato del lavoro e all’incremento dei redditi reali, famiglie e imprese incrementassero i propri livelli di fiducia e aumentassero la spesa, oppure se l’economia mondiale crescesse più di quanto atteso”.
E ancora. Le politiche di bilancio nell’Eurozona dovrebbero essere formulate “con lo scopo di accrescere la produttività dell’economia dell’area dell’euro e ridurre gradualmente l’elevato debito pubblico. Le riforme strutturali e gli investimenti volti a migliorare la capacità di offerta dell’area, che beneficerebbero della piena attuazione del programma Next Generation Eu, possono contribuire a ridurre le spinte sui prezzi nel medio periodo, sostenendo al tempo stesso le transizioni ecologica e digitale”.
A tal fine, indica quindi la Bce, “andrebbe conclusa entro la fine di quest’anno la riforma del quadro di governance economica dell’Ue e andrebbero accelerati i progressi verso l’unione dei mercati dei capitali e il completamento dell’unione bancaria”.