Cronaca

Rispolverare la 'Grande Cremona' contro l'ambizione mantovana Chi guiderà la Provincia del Po?

Non sono mancate le reazioni all’idea nata in terra mantovana per ‘sfilarci’ il ruolo di capoluogo in previsione dell’unione tra le due Province con la spending review. La politica di quell’area si è mossa (soprattutto il Pdl) e un progetto è stato confermato dal presidente del consiglio comunale: ‘accorpare’, partendo dai servizi, i Comuni vicini al centro virgiliano per una “Mantova grande”, capace di raddoppiare gli attuali abitanti, superare Cremona (72mila) e quindi diventare il prossimo capoluogo della futura maxi-provincia (che dovrebbe avere dentro i suoi confini anche il territorio lodigiano). In questo modo le sedi principali degli uffici statali, la questura, la prefettura e i comandi provinciali di carabinieri e vigili del fuoco (tanto per citare solo alcune strutture) verrebbero localizzati a Mantova; da noi rimarrebbero presidi territoriali nonostante la posizione baricentrica nella probabile ipotesi della Provincia del Po (Lo-Cr-Mn). E’ un disegno, questo, che ha fatto storcere il naso negli ambienti politici cremonesi. E c’è chi pensa sia un piano impossibile da mettere in atto (anche considerando il poco tempo a disposizione). Eppure i mantovani ci vogliono provare, come hanno evidenziato le dichiarazioni rilasciate alla Gazzetta di Mantova.

I lettori di Cremonaoggi hanno cominciato a dire la loro attraverso i commenti dopo la pubblicazione della notizia (leggi l’articolo). Qualcuno ha teorizzato un’iniziativa simile, per una “Grande Cremona”, progetto che riporta “alla luce” un’idea che circola da anni, rilanciata dal candidato sindaco del centrosinistra Giancarlo Corada durante l’ultima campagna elettorale e al momento, con l’attuale amministrazione, completamente ferma.

L’ipotesi: una “unione” con i Comuni limitrofi, in un raggio di almeno 10-15 chilometri, per intense e fisse collaborazioni, partendo da servizi e funzioni. Magari includendo anche Castelvetro e Monticelli.

Nel programma amministrativo di Corada si leggeva: “Il progetto che abbiamo chiamato ‘Grande Cremona’ non é un progetto ‘annessionistico’ nei confronti dei Comuni vicini ma al contrario esprime la volontà di svolgere appieno la nostra funzione di città capoluogo e collaborare in termini di servizi e funzioni, con i Comuni vicini, creando anche forme stabili di consultazione e decisione. Già adesso il pendolarismo sulla città é notevole ed i prezzi inferiori delle case hanno portato fuori città molti abitanti, soprattutto giovani.
Questo processo va bloccato o perlomeno regolato, perché in realtà crea problemi a tutti. Bisogna adottare regole precise, piani urbanistici coordinati e Cremona deve svolgere con lungimiranza il proprio ruolo. L’area di cui parliamo si aggira sui 120.000 abitanti e permette quindi interventi di una certa dimensione anche per quanto riguarda i servizi. L’istituzione di una consulta permanente con gli organismi dei comuni limitrofi (una sorta di piccola città metropolitana) potrebbe rappresentare un luogo di confronto permanente per l’elaborazione di idee e strategie condivise per affrontare tematiche di interesse sovra locale”.

Più di 10 anni fa, nella relazione della Variante Generale del Piano Regolatore firmata dal sindaco Paolo Bodini e dall’assessore Massimo Terzi si parlava di sviluppo “che si identifica sempre più nel rapporto città–campagna, superando i confini amministrativi ed assumendo quelle dimensioni comprensoriali (compreso l’abitato nell’oltre Po di Castelvetro Piacentino) che molto spesso definiamo con enfasi la ‘grande Cremona’ e si accompagna con il processo di riqualificazione e valorizzazione delle aree agricole e golenali, del Centro Storico, nel potenziamento delle condizioni ospitative, l’estensione della pedonalità e l’abbattimento dell’inquinamento acustico. Potrebbe così delinearsi un modello organico di città sostenuto da una economia che fa capo ad un settore produttivo, artigianale ed industriale specializzato, fortemente legato alla vocazione locale ed alla ricerca, ed affiancato da tecnologie avanzate soprattutto nel settore agro-zoo-alimentare, ad un settore terziario capace di attrarre ed offrire servizi assistenziali specifici e di qualità ad un bacino di utenza sovraregionale e ad un settore culturale specializzato nella musica e nei suoi strumenti in tutta la sua estensione (V. realizzazione dell’Istituto Superiore di restauro degli strumenti musicali). Spingere sulle forme di sviluppo locale è certamente una condizione necessaria ma evidentemente non sufficiente per conseguire risultati adeguati. Come scrive G. De Rita occorre «…. evitare di cadere nel localismo asfittico e cogliere le concrete determinazioni che il territorio impone anche alle iniziative imprenditoriali più internazionalizzate …»”.

Di una “Grande Cremona” ora non si parla più. Di “Grande Mantova”, i vicini virgiliani, ne stanno invece parlando insistentemente per diventare la guida della nuova Provincia.

Michele Ferro

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