Cronaca

Merli: "Ok a nuovo ospedale, ma
serve più medicina territoriale"

Fuori tempo massimo chi non vuole una nuova struttura e chiede che non si demolisca l'attuale ospedale. Ma come spiega il medico e consigliere comunale Riccardo Merli, il vero problema sono le promesse per ora rimaste sulla carta della medicina teritoriale. Eppure durante la pendemia era apparso evidente che quello era il vero tallone d'Achille della sanità lombarda.

Riccardo Merli; a destra la palazzina del comlesso ospedaliero destinata a Casa di Comunità

Non ha mai lesinato critiche alla sanità regionale, ma sul nuovo ospedale di cui è in corso l’iter per l’affidamento della progettazione, ritiene che non sia più tempo di tornare indietro. Riccardo Merli, per tanti anni medico al Pronto Soccorso, ora medico di base, consigliere comunale di Fare Nuova la Città – Cremona Attiva e presidente della commissione welfare, ritiene che “il percorso per questa nuova opera è iniziato ormai da tempo, accompagnato da un coinvolgimento delle istituzioni, con tavoli di confronto con i vari interlocutori, Ordine dei Medici e soprattutto con Provincia, Comune di Cremona e Assessorato al Welfare”.

“Al di là della retorica dei mesi scorsi con la promessa, da parte dei vertici regionali, della realizzazione dell’ospedale “più all’avanguardia di Italia”, la necessità di una nuova struttura è ormai assodata. Soprattutto se teniamo conto delle numerose proroghe che, negli ultimi anni, sono state necessarie per sopperire alla carenza dei requisiti di legge relativi alle norme antincendio e antisismiche dell’attuale nosocomio, la cui messa a norma avrebbe comportato maggiori costi e tempi di realizzazione più lunghi rispetto alla costruzione di un nuovo ospedale”.

Qualche esempio: dispersione termica/energetica degli ambienti, inefficiente distribuzione dei reparti, con un Pronto soccorso che occupa gli spazi di un corridoio e i reparti di emergenza distanti fra loro: radiologia al primo piano, terapia intensiva al settimo, unità coronarica al terzo, stroke unit al quarto…).

“Chi vuole tornare indietro è fuori tempo massimo, ma a fronte di questo percorso è necessaria una grande chiarezza e trasparenza sulle cifre e sugli investimenti, sui costi di costruzione del nuovo e di demolizione del vecchio”, precisa Merli. “Il nuovo ospedale deve rappresentare una grande opportunità per la nostra città, la nostra provincia, il sistema sanitario del nostro territorio. Noi abbiamo un estremo bisogno di un ospedale pubblico, efficiente, moderno, tecnologicamente avanzato, dove sia imprescindibile la realizzazione di un
DEA di II livello; un ospedale dove possano lavorare al meglio professionisti sanitari preparati e motivati.

“Conosciamo bene la differenza fra diversi capitoli di spesa, fra fondi destinati ad investimenti strutturali e fondi destinati al personale, ma questi due temi non possono comunque restare disgiunti: è indispensabile assolutamente investire sulle professionalità sanitarie perché, in altro modo, il nostro ospedale non potrà essere attrattivo per gli specialisti che vi sono richiesti e che sono indispensabili per garantire la qualità delle cure.

“Investire sulla qualità di vita professionale, lavorativa e umana degli operatori sanitari è imperativo, perché la struttura può essere bellissima, ma se non ci sono le condizioni ottimali per lavorare, i professionisti se ne vanno; devono crearsi le condizioni per attrarre i professionisti e lavorare perché questi rimangano”.

L’altro grande capitolo della sanità lombarda che al momento è solo un foglio bianco, è quello della promessa revisione della medicina territoriale: “Dopo la pandemia – continua Merli –  c’è stata una sorta di ubriacatura sull’importanza della medicina territoriale: l’abbandono di questa realtà, soprattutto nella nostra regione, era sotto gli occhi di tutti. Il progetto del nuovo ospedale non deve far dimenticare questo tema perché, di fatto, fino ad ora, nonostante le parole e le promesse, sulla medicina di prossimità è stato fatto veramente troppo poco.

“Le case di comunità rimangono ancora poche e soprattutto vuote di contenuti e funzioni, lontane dall’essere quelle strutture intermedie fra territorio ed ospedale che avevamo immaginato ed auspicato.

“Quella sanità ospedalocentrica che tanto avevamo criticato, durante la pandemia, per ora non ha trovato un’adeguata risposta con un altrettanto sviluppo ed investimento sulla sanità territoriale. L’ospedale nuovo, infatti, pur all’avanguardia, non potrà mai far fronte a tutte le richieste di salute se non supportato adeguatamente da un’efficiente rete di servizi sanitari e socio sanitari sul territorio: quell’ospedale inevitabilmente scoppierà, andrà in crisi, non potrà dare risposte adeguate.

“Quindi – è la conclusione –  ospedale nuovo sì, ma alle condizioni che abbimo detto e inserito in un quadro più vasto di sviluppo delle forme avanzate di cure vicine ai cittadini, agli anziani, ai disabili, ai fragili, ai pazienti cronici ed alle loro famiglie”, con un attenzione particoare alle cure domiciliari.

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