Wanda Nara e la leucemia, cos’è la malattia e quali sono i sintomi
(Adnkronos) – “Ho la leucemia, adesso ho il coraggio di dirlo”. Wanda Nara ha rivelato ieri, attraverso un post pubblicato sui social, il nome della malattia contro la quale la showgirl e moglie del bomber Mauro Icardi combatte da tempo. Ma cos’è la leucemia, quali sono i sintomi e quali le cure?
A spiegarlo sono gli esperti del San Raffaele in un focus redatto in occasione della Giornata Nazionale per la lotta contro le Leucemie, con le risposte del professor Fabio Ciceri, primario di Ematologia e Trapianto di Midollo Osseo dell’IRCCS Ospedale San Raffaele.
Quando parliamo di leucemia – spiegano gli esperti – non parliamo di una sola malattia, ma di un insieme di tumori del sangue causati dalla proliferazione incontrollata delle cellule staminali ematopoietiche, chiamate leucemiche o blasti, ovvero quelle cellule ancora immature che crescendo danno poi origine ai componenti del nostro sangue: i globuli bianchi, i globuli rossi e le piastrine.
Le cellule staminali del sangue originano nel midollo osseo, presente negli adulti soprattutto nelle ossa piatte (come bacino, sterno, cranio, coste, vertebre, scapole) e possono seguire 2 linee di sviluppo:
– le cellule della linea mieloide danno origine ai globuli bianchi (in particolari i neutrofili monociti), le piastrine e i globuli rossi;
– le cellule della linea linfoide danno origine ai globuli bianchi, chiamati anche linfociti.
“In seguito a mutazioni genetiche e a meccanismi complessi, non sempre ancor oggi del tutto chiariti, le cellule staminali possono interrompere prematuramente il loro sviluppo, oppure possono acquisire la capacità di replicarsi senza limite e diventare resistenti ai meccanismi di morte cellulare programmata (apoptosi). Quando accade questo, le cellule immature invadono il midollo, sangue e talvolta i linfonodi, milza e fegato e danno così origine alla leucemia”, spiega il professor Ciceri.
“Uno dei fattori di classificazione della malattia è la sua velocità di progressione: le forme acute hanno un’evoluzione con tempistiche brevi o brevissime e presentano inoltre un blocco di maturazione delle cellule, mentre le forme croniche hanno un’evoluzione più lenta, in cui viene comunque mantenuta la capacità di maturare dei precursori del midollo, sebbene essa possa essere anormale”, chiarisce quindi l’ematologo.
Secondo il Registro Nazionale dei Tumori, le forme più frequenti sono:
linfatica cronica (33,5% del totale delle leucemie);
mieloide acuta (26,4%);
mieloide cronica (14,1%);
linfatica acuta (9,5%).
I tumori che colpiscono le cellule del sangue sono molto più frequenti nell’età infantile che in quella adulta. In particolare, la leucemia linfoblastica acuta rappresenta il 75% di tutte le leucemie diagnosticate in bambini fino ai 14 anni, mentre la leucemia mieloide acuta indica il 15-20%.
Negli adulti, invece, la maggior parte delle leucemie acute è rappresentata dalle forme mieloidi, mentre quelle linfoblastiche sono meno frequenti, circa il 25-30%. Le leucemie croniche sono invece tipiche dell’età adulta, mentre sono rare in età pediatrica.
In base ai dati AIRTUM (Associazione italiana registri tumori), troviamo la:
– leucemia linfatica cronica a cellule B (30% di tutte le leucemie);
– leucemia linfoblastica acuta (20% delle forme leucemiche dell’età avanzata);
– leucemia mieloide cronica (1-2 casi annui ogni 100.000 adulti)
– leucemia mieloide acuta (3,5 casi annui ogni 100.000 adulti).
Nonostante l’incidenza delle leucemie sia in crescita, con quasi 8.000 nuovi casi diagnosticati in Italia nel 2022, la mortalità è in diminuzione grazie ad un continuo e costante miglioramento delle terapie.
Nelle fasi iniziali, continuano gli esperti, le leucemie croniche possono non dare sintomi perché le cellule leucemiche interferiscono in modo limitato con le funzioni delle altre cellule. Diversamente nelle leucemie acute, i sintomi si presentano precocemente e possono peggiorare con estrema rapidità.
“Febbre, sudorazioni notturne, stanchezza e affaticamento, mal di testa, dolori ossei e articolari, perdita di peso, pallore, sono solitamente associati alla carenza di globuli rossi, quindi a una condizione di anemia importante. Nel caso di carenza di piastrine possono comparire anche emorragie lievi del cavo orale o del tratto gastroenterico oppure macchie della pelle. In uno step successivo, ma sempre molto rapido, possono comparire anche emorragie più profonde al cervello o a livello del tratto gastrointestinale”, spiega Ciceri.
“Mentre nel caso di proliferazione di globuli bianchi – aggiunge – vi possono essere sintomi assimilabili a una brutta sindrome influenzale, come febbre continua, ma ben tollerata. Talvolta i blasti leucemici possono infiltrare anche organi come lo stomaco, l’intestino, i reni, i polmoni o il sistema nervoso, dando sintomi specifici che indicano un cattivo funzionamento dell’organo coinvolto”, conclude il professore.
Nel corso degli ultimi anni, spiega il San Raffaele, c’è stato un costante e progressivo miglioramento nella prognosi della malattia per 2 motivi: conosciamo meglio i fattori alla base di queste malattie, in particolare le mutazioni genetiche associate alle forme più aggressive, e quindi possiamo procedere a trapianto nelle fasi precoci, quando il paziente è meno compromesso, ha subito meno terapie e si possono ottenere risultati migliori; e un costante miglioramento delle terapie che vengono combinate sulla base delle caratteristiche della malattia del singolo paziente.
Il trapianto di cellule staminale emopoietiche:
Il trapianto di cellule staminali emopoietiche è una delle opzioni terapeutiche in uso per sostituire le cellule malate, distrutte con alte dosi di chemio o radioterapia, con quelle sane di un donatore compatibile. Spesso il donatore è un fratello o un familiare, ma può essere anche un estraneo che possiede cellule compatibili con quelle del paziente.
Afferma il professor Ciceri: “In alcuni casi questo approccio è in grado di curare definitivamente la leucemia, soprattutto nei pazienti più giovani, e può essere utilizzato per le forme che non rispondono più alla chemioterapia. È per questo importante iscriversi al registro dei donatori di midollo osseo, un semplice gesto che permette, attraverso il prelievo di una piccola quantità di sangue o di saliva per la tipizzazione genetica, di salvare, anche in futuro, una vita”.
La chemioterapia e l’immunoterapia con le cellule CAR-T:
Oltre al trapianto, oggi le altre terapie a disposizione sono la chemioterapia abbinata ad altri approcci, mirati a stimolare il sistema immunitario a riconoscere e a distruggere le cellule leucemiche, come per esempio, l’interferone alfa utilizzato per rallentare la crescita delle cellule tumorali, oppure anticorpi monoclonali in grado di colpire le cellule leucemiche, favorendone la distruzione da parte del sistema immunitario.
“Un approccio terapeutico innovativo di questi ultimi anni è l’immunoterapia con le cellule CAR-T, un’opzione a disposizione per alcune leucemie che non rispondono ai trattamenti convenzionali. Le cellule CAR-T sono i linfociti T propri del paziente che vengono geneticamente modificati così da essere equipaggiati con la molecola CAR (recettore chimerico antigenico). Grazie a questa molecola, una volta che vengono reintrodotte nel paziente, le cellule CAR-T sono in grado di riconoscere in modo specifico le cellule tumorali e di attaccarle e distruggerle efficacemente. Le leucemie sono proprio il primo tumore curato con questo strumento terapeutico che è disponibile in Italia dal 2019”, spiega ancora il professore.
In Italia, il primo paziente con cellule CAR-T è stato infuso proprio all’Ospedale San Raffaele, centro coordinatore del trial clinico internazionale ELARA. L’expertise dei medici e dei ricercatori è stata fondamentale anche per lo sviluppo, dal laboratorio alle prime fasi in clinica, di altri trattamenti sperimentali simili come le terapie CAR –T per il mieloma multiplo e le leucemie mieloidi acute.
“Questi approcci ‘sartoriali’, costruiti sull’evoluzione della malattia e sulla possibilità di combinare e dosare più trattamenti, ci ha permesso di arrivare non solo ad obiettivi a lungo termine di sopravvivenza, ma anche grandi miglioramenti della qualità di vita dei nostri pazienti”, conclude il professore.