Cronaca

"Il granchio blu? No, il pericolo
vero è il pesce gatto puntato"

Quale è la vera minaccia? “Il pesce gatto puntato, americano come il pesce gatto classico che noi conosciamo da anni: c’è una differenza sostanziale rispetto al “nostro” pesce gatto, ossia il fatto che le tre spine anteriori non possono essere ritirate e possono essere piegate solo artificialmente con una pinza". GUARDA IL SERVIZIO TG DI CREMONA 1

Intervista a Vitaliano Daolio

Si fa un gran parlare in questi giorni dell’invasione del Po del granchio blu: una nuova specie alloctona dopo il gambero killer della Louisiana, della quale si parlava una ventina di anni fa. E una specie che sta mettendo a dura prova l’ecosistema fluviale.

Ma per Vitaliano Daolio, pescatore professionista di Motta Baluffi, il granchio blu non è un problema per il Po nel nostro territorio. “Questo crostaceo – spiega Daolio – è un animale d’acqua salata, dunque è vero che è stato avvisato anche 20 km all’interno rispetto alla costa, ma questo è accaduto soltanto perché il cuneo salino è risalito con la siccità dell’ultima estate. Ciò detto, andranno prese contromisure, dato che ad esempio gli allevamenti di vongole in zona lagunare sono a serio rischio: come è sempre stato, servirà un po’ di tempo ma credo che con particolari accorgimenti, come gabbie o similari, qualcosa si può fare”.

C’è similitudine rispetto al gambero killer della Luisiana? “Sì, ma anche in quel caso la fauna locale si è abituata a mangiare il gambero: ci sono voluti 20 anni, ma piano piano anche gli aironi hanno imparato a nutrirsi di questo crostaceo, dunque la natura – spietata ma perfetta – ha fatto il suo corso. Sottolineo che in cucina la polpa del granchio blu è molto apprezzata, dunque si potrebbe pensare anche ad una sorta di allevamento, per avere un prodotto sicuramente interessante a livello culinario”.

Quale è la vera minaccia? “Il pesce gatto puntato, americano come il pesce gatto classico che noi conosciamo da anni: c’è una differenza sostanziale rispetto al “nostro” pesce gatto, ossia il fatto che le tre spine anteriori non possono essere ritirate e possono essere piegate solo artificialmente con una pinza. Io stesso ho fatto un esperimento, provando a mettere – quando ancora gestivo l’Acquario del Po a Motta – nella stessa vasca il pesce gatto puntato e il siluro. Quest’ultimo, predatore per eccellenza del fiume, ha mangiato il pesce gatto ma è morto dopo venti giorni per le ferite all’esofago. Ciò significa che il pesce gatto puntato non ha predatori in natura e dunque rischia davvero di devastare l’ecosistema. La situazione si risolverà, ancora una volta, col tempo: quando un animale può proliferare incontrastato, in genere muore per la presenza di epidemie che contagiano la specie. E’ successo anche coi siluri, che sono sempre meno e, quando si trovano, sono molto grandi, perché soltanto quelli più resistenti sono sopravvissuti”.

G.G.

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