Cronaca

"Barche troppo Piene", la vita di
migrante diventa spettacolo teatrale

Si intitola “Barche Troppo piene” (titolo preso a prestito da un verso della canzone “Pane e coraggio” di Ivano Fossati)  lo spettacolo portato in scena domenica sera in Cortile Federico II, da Yannick Som, Zayid Hamadi, Cisse Abou Papis, autori e attori di un testo che rispecchia quanto da loro vissuto dal momento in cui hanno lasciato i rispettivi Paesi (Costa d’Avorio e Rep Democratica del Congo), il percorso nel deserto fino in Libia, l’esperienza dei campi di detenzione, la traversata del Mediterraneo in canotto, fino all’arrivo in Italia, all’accoglienza con le sue tante ombre e poche luci fino all’avvenuta inclusione sociale attraverso il lavoro.

Uno spettacolo introdotto dall’assessore al Welfare Rosita Viola e dal sindaco Gianluca Galimberti nell’ambito delle iniziative organizzate per la Giornata Internazionale dei Migranti e che vuole far riflettere, anche con momenti ironici, sul dramma di tante persone che fuggono da situazioni di povertà e guerre alla ricerca di un futuro e che, se se fortunatamente riescono a sbarcare in Europa, si sentono dire di tornarsene a casa loro.

Una scenografia semplice, con un secchio azzurro in primo piano che rappresenta quel mar Mediterraneo insieme segnale di speranza e di morte, da cui i tre ragazzi, ancora in Libia, si accingono ad estrarre i propri nomi. Li vediamo di spalle, nella prima scena, mentre indossano uno sopra l’altro tutti gli indumenti che possono, prima di salire sulle barche della speranza dopo il duro soggiorno libico. Tra le situazioni che vengono raccontate, una volta sbarcati, c’è il colloquio davanti al giudice per il rilascio del permesso di soggiorno: “Vi dobbiamo aiutare ma a casa vostra”, la frase che spesso si sentono ripetere, ma come è possibile pensare “di aiutarci a casa nostra, se fate fatica ad aiutarci qui, che siamo forse l’1% della popolazione”. L’aiuto può arrivare soltanto attraverso il lavoro, ripete più volte Yannick, e ogni lavoro, anche il più umile,  ha la sua dignità: loro stessi ne sono testimoni, due i loro sono ausiliari alla casa di cura  Ancelle, il terzo fa l’operaio in un macello a Castelverde.

Torna più volte il tema dell’impellente bisogno di pace, già al centro di un secondo testo teatrale, “La pace tradita: per azioni di pace la memoria non basta”: le guerre sono alla base di tante storie di emigrazione e di pace parlerà anche il prossimo libro di Som, il terzo dopo i due largamente autobiografici già pubblicati: “Come voce dei senza voce”, e “Una vita senza speranza”, quest’ultimo un illuminante racconto sulle condizioni di vita in Costa d’Avorio, la decisione di partire, l’arrivo in Italia, il trasferimento nella comunità di Binanuova. “Sono stato fortunato a differenza di tanti altri”, afferma Yannick, che nel paese i riva all’Oglio ha trovato una famiglia da cui è stato accolto e aiutato ad integrarsi, attraverso lo studio e il lavoro.

Tra i momenti più lievi dello spettacolo, i consigli della nonna nel villaggio natìo, le parole strascicate in dialetto cremonese, i luoghi comuni denigratori, la volontà di rappresentare non solo i giovani africani, ma tutti i sofferenti del mondo, soprattutto i bambini.

L’esperienza teatrale di Yannick e dei suoi compagni (insieme hanno dato vita alla compagnia “Cuore d’Oro), è stata raccolta e valorizzata da Giorgio Denti, del circolo AUP Pinoni di palazzo Duemiglia: “Nel 2021 – ci spiega – avevamo organizzato una mostra fotografica sugli sbarchi a Lampedusa e Yannick è venuto a vederla. Abbiamo cominciato a parlare e mi ha detto ‘Ecco io sono arrivato su uno di quei barconi lì’. Da lì è nato il tutto”. Grazie a un contributo in denaro di Fondazione Città di Cremona sono poi state acquistate le attrezzature (fari e amplificatori) per portare in scena lo spettacolo, già visto in diverse realtà della provincia. E nel futuro c’è in vista la collaborazione con un gruppo di immigrati del Casalasco sempre per progetti teatrali.

Giuliana Biagi

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