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Giustizia, bozza ddl: via abuso d’ufficio e per traffico influenze puniti solo fatti gravi

(Adnkronos) – Abolizione dell’abuso d’ufficio e modifiche al traffico di influenze illecite, che viene meglio definito e tipizzato e “limitato a condotte particolarmente gravi”. Aumentano le pene previste che vanno da un anno e 6 mesi a 4 anni e 6 mesi. Per il reato è anche prevista la non punibilità se l’autore collabora con la giustizia. E’ quanto prevede la bozza del disegno di legge in 8 articoli contenente ‘Modifiche al codice penale, al codice di procedura penale e all’ordinamento giudiziario’, che arriva stamattina sul tavolo del pre consiglio dei ministri, la riunione tecnica che precede il Cdm che dovrebbe tenersi domani alle 18.  

Si tratta del primo pacchetto di interventi di riforma della giustizia, più volte annunciato dal ministro Carlo Nordio nelle scorse settimane, che prevede modifiche ai reati contro la pubblica amministrazione.  

La bozza prevede anche una stretta sulla pubblicazione delle intercettazioni se non sono agli atti del processo, a tutela dei terzi non coinvolti nelle indagini. 

Il ddl stabilisce che “il divieto di pubblicazione cada solo allorquando il contenuto intercettato sia ‘riprodotto dal giudice nella motivazione di un provvedimento o utilizzato nel corso del dibattimento'”. E “non può essere rilasciata copia delle intercettazioni di cui è vietata la pubblicazione quando la richiesta è presentata da un soggetto diverso dalle parti o e dai loro difensori”. 

Viene inoltre ampliato “l’obbligo di vigilanza del pubblico ministero sulle modalità di redazione dei verbali delle operazioni (i cosiddetti brogliacci)” e “il dovere del giudice di ‘stralciare’ le intercettazioni, includendovi, oltre ai già previsti ‘dati personali sensibili’ anche quelli ‘relativi a soggetti diversi dalle parti’ (fatta salva, anche in questo caso, l’ipotesi che essi risultino rilevanti ai fini delle indagini)”. 

Sono previsti inoltre interventi sull’applicazione delle misure di custodia cautelare, per le quali sarà necessario l’interrogatorio di garanzia dell’indagato, a meno che non sussista pericolo di fuga o di inquinamento delle prove e la decisione, nel caso della custodia cautelare in carcere, sarà affidata non al gip ma a un collegio di tre giudici.  

Il ddl “propone un duplice ordine di modifiche alla disciplina delle misure cautelari personali: l’estensione del contraddittorio preventivo e la collegialità nella decisione sulla richiesta di applicazione della custodia in carcere in fase di indagini”. Si introduce “il principio del contraddittorio preventivo in tutti i casi in cui, nel corso delle indagini preliminari, non risulti necessario che il provvedimento cautelare sia adottato ‘a sorpresa’”. Questo perché “se consentito dalle concrete circostanze, da un lato si evita l’effetto dirompente sulla vita delle persone di un intervento cautelare adottato senza possibilità di difesa preventiva, dall’altro si mette il giudice nelle condizioni di poter avere un’interlocuzione, e anche un contatto diretto, con l’indagato prima dell’adozione della misura”.  

Quanto alla collegialità della decisione sulla misura restrittiva in carcere la riforma “prevede che il giudice per le indagini preliminari decida in formazione collegiale sull’adozione dell’ordinanza di custodia cautelare in carcere. La disposizione non è stata estesa all’ordinanza applicativa degli arresti domiciliari per sottolineare il carattere di extrema ratio della misura restrittiva carceraria”. La collegialità riguarda dunque solo la più grave delle misure cautelari.  

Modifiche anche all’informazione di garanzia, che deve contenere una “descrizione sommaria del fatto”. “Sebbene posta a tutela della persona sottoposta alle indagini, l’informazione di garanzia si è spesso trasformata nell’esposizione dell’indagato alla notorietà mediatica, con effetti stigmatizzanti”, spiega la relazione illustrativa.  

Il ddl prevede che “la notificazione avvenga con modalità che tutelino l’indagato da ogni conseguenza impropria”. Per questo “nel ribadire la regola generale secondo cui la consegna dell’atto anche quando effettuata a persona diversa del destinatario dev’essere effettuata con modalità tali da garantire la riservatezza di quest’ultimo, si è limitata la possibilità di impiego della polizia giudiziaria alle sole situazioni di urgenza che non consentano il ricorso alle modalità ordinarie”. 

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