Cronaca

Giornata dell'Infermiere: le
storie raccolte da Asst Cremona

Il 12 maggio ricorre la Giornata internazionale dell’infermiere, e anche a Cremona sono sempre di più gli studenti e i professionisti che dopo il diploma intraprendono percorsi di formazione e specializzazione.
Come sottolinea Alberto Silla, responsabile della Direzione Aziendale dell’Asst per le Professioni Socio Sanitarie, “la professione infermieristica ha vissuto una profonda evoluzione: chi oggi fa questo mestiere può conseguire diplomi e master, per diventare un esperto e costruire una carriera seguendo la propria vocazione”.  Ecco alcune testimonianze professionali  raccolte tra chi lavora nell’Asst di Cremona.

DA AUSILIARIA A RESPONSABILE DI AREA
Rachele Bini è infermiera e responsabile di area per la gestione delle risorse infermieristiche di supporto all’ospedale Oglio Po. Alle spalle ha un diploma da geometra, che le consente di entrare in ospedale come ausiliaria, partecipando ad un concorso: «Mi occupavo della cucina nel vecchio ospedale di Casalmaggiore, – racconta – prima ancora che ci fosse l’Oglio Po. Sono stata assegnata a diversi reparti, dalla Medicina al Comparto operatorio, ma non ero soddisfatta di ciò che stavo facendo. Così a 26 anni ho deciso di diventare infermiera, lavorando e studiando al contempo».

Bini lavora nei reparti di Ortopedia e Traumatologia, Ostetricia e Ginecologia, per poi rimanere quindici anni in area critica. Corsi di aggiornamento e un master in coordinamento la portano a diventare caposala: «inizialmente non era il mio obiettivo – svela – poi è nato il desiderio di uscire dal reparto e conoscere l’organizzazione stando “dall’altro lato”». Lavora in ambito epidemiologico, ricopre ruoli di organizzazione e coordinamento infermieristico in diverse aree ospedaliere, cui si aggiunge la gestione dei servizi territoriali. Durante la pandemia è stata incaricata di gestire l’hub vaccinale di Casalmaggiore: «È la cosa che mi è piaciuta di più – afferma – nonostante la fatica e le 700 ore di straordinario, è stata un’esperienza positiva dal punto di vista professionale e umano, dal lavoro d’équipe alla collaborazione con il mondo del volontariato».

Ogni passaggio è stato prezioso: «Non rinnego nulla del mio percorso – prosegue – credo che cominciare dal gradino più basso ti permetta di accrescere le responsabilità e la consapevolezza della professione in tutti gli aspetti di cura per la persona. Nel nostro settore c’è la possibilità di fare carriera: le persone oneste, serie e capaci vengono premiate, ma bisogna accettare di partire dalla base, con umiltà e forza di volontà».

 DALL’OSPEDALE ALLA REGIONE
«Non credo di aver mai voluto fare altro». Vanna Poli, responsabile di area del Dipartimento Salute mentale e Dipendenze dell’Asst di Cremona, racconta così la sua vocazione nel campo della salute mentale. Dopo il diploma professionale conseguito nel 1989 ha lavorato presso un ente in reparti che ospitavano per persone con disabilità e disagio psichico, conseguendo poi il diploma di assistente sanitaria, cui segue una prima esperienza di coordinamento in area psichiatrica e il primo impiego all’Ospedale di Cremona nell’area della salute mentale. «Per fare questa scelta servono conoscenza e coraggio – prosegue – L’obiettivo è migliorare le condizioni della persona che assisti, entrare in relazione è fondamentale».


Dal 1996 ad oggi Poli collabora con la Direzione Generale Welfare di Regione Lombardia nell’area salute mentale, inizialmente in gruppi di lavoro e dagli ultimi anni impegnata nell’attività programmatoria e di indirizzo, che ieri come oggi governa la sanità regionale in salute mentale. Consegue una laurea e un master, e nel 2004 diventa la prima coordinatrice della Neuropsichiatria infantile. Dal 2004 al 2007 lavora nella Direzione Aziendale delle Professioni Sanitarie e Socio Sanitarie, cui segue l’attuale incarico idi responsabile d’area dipartimentale per salute mentale e dipendenze (cui afferiscono la psichiatria di Cremona e Casalmaggiore, la Neuropsichiatria infantile e il Servizio Dipendenze).

«Quando ho iniziato questa professione non immaginavo di poter fare un percorso simile – afferma – Lontani da un passato con una visione ancillare, oggi l’Infermiere è una professione che cresce da sola e può contribuire concretamente al miglioramento del sistema assistenziale e di cura. Ciò che mi ha portata qui è il sapere: maturare competenze complementari è indispensabile per lavorare bene. Nulla va buttato di ciò che si apprende nel corso della vita. Occorre partire da sé: conoscersi, capire cosa si desidera, essere curiosi e coraggiosi ».


LE SPECIALITÀ

L’INFERMIERE LEGALE FORENSE
Agnese Cassano è un’infermiera legale forense. Dopo la laurea in Scienze Infermieristiche ha conseguito un master ad indirizzo giuridico, seguito da una specializzazione in criminologia. «Il mio lavoro consiste nel valutare in modo obiettivo l’operato dei colleghi infermieri e degli operatori sanitari non medici», spiega. «Posso fare perizie e consulenze tecniche in caso di contenziosi, per accertare le responsabilità professionali o per stabilire se ci sono fatti penalmente perseguibili correlati a condotte sanitarie imprudenti, negligenti o che conseguono l’inosservanza di regolamenti».

Il suo percorso nell’Asst Cremona inizia nel 2009 in Oncologia, cui segue nel 2016 l’attività nella day surgery oculistica, sviluppando in parallelo l’attività forense. «È un ruolo in divenire – afferma – per farlo devi essere una persona metodica, avere grande motivazione e un forte senso della giustizia».

L’infermiere legale forense è garante della sicurezza del paziente: «Il nostro compito – prosegue Cassano – è educare i professionisti a seguire determinati percorsi in maniera corretta. Esprimere un giudizio sull’operato dei colleghi è una bella responsabilità, ma è importante sottolineare che non viene valutato il professionista in sé, ma ciò che è stato fatto. Ogni errore dev’essere colto come un’opportunità di crescita e miglioramento».

L’INFERMIERE DI SANITÀ PENITENZIARIA
Massimo Teani lavora nella sanità penitenziaria. Il suo percorso infermieristico inizia nel 1986 presso gli Spedali civili di Brescia, dove presta servizio in diversi reparti, per poi passare nel 2000 alla libera professione. «Nel 2020 mi sono ammalato di Covid – racconta – in quel lungo periodo ho avuto modo di ripensare alla mia professione e a ciò che mi mancava: volevo tornare a contatto con i pazienti. Il compito dell’infermiere non è fare diagnosi, ma captare ogni cambiamento che riguarda il paziente, per poi scegliere con il medico la migliore assistenza.

Da un anno presta servizio come infermiere nella Casa Circondariale di Cremona: «Mi occupo di preparare le terapie e somministrarle ai detenuti, che spesso hanno malattie croniche e situazioni di salute complesse, che richiedono un’assistenza a tutto tondo».

Teani ripercorre i primi momenti: «L’impatto iniziale con l’ambiente del carcere è stato forte, soprattutto con i detenuti, che spesso hanno problematiche di dipendenza o psichiatriche. La reclusione è una condizione difficile da vivere, queste persone si portano dentro enormi fratture emotive. Poco alla volta impari a rispettarle e farti rispettare, entrando in sintonia con loro. Le buone relazioni con gli agenti, gli assistenti e i colleghi dell’equipe infermieristica sono fondamentali per costruire un’assistenza qualificata».


L’ENTEROSTOMISTA
Infermiere da 1982, Cesare Capone è un infermiere enterostomista. «Mi occupo di chi è sottoposto ad interventi che avranno come risultato finale la deviazione e stomizzazione dell’intestino o dell’apparato urinario. Seguo il paziente nell’arco dell’intero ricovero in ospedale, dal disegno preoperatorio al decorso postoperatorio per assicurarmi che non ci siano reazioni avverse o complicanze».

Il suo percorso si delinea nel reparto di Chirurgia, dove lavora da quarant’anni. «Ho visto evolvere la professione – racconta – dalle tecniche ai presidi utilizzati per migliorare la qualità della vita delle persone stomizzate. Nel tempo ho preso dimestichezza con questa pratica, divenuta sempre più frequente specialmente dopo la pandemia, che ha causato il rinvio di parecchi interventi su pazienti oncologici».

Oltre a prendersi cura dei pazienti, Capone forma i caregiver per la gestione a domicilio: «Bisogna avere molta sensibilità e il giusto modo di approcciarsi alle persone, cui a volte è difficile far comprendere subito quanto sia importante trattare adeguatamente queste situazioni. Non è facile, se non hai passione per ciò che fai. È ciò che ho detto anche a mio figlio, che ha appena intrapreso la stessa professione».

L’ESPERTO IN “WOUND CARE”, LA CURA DELLE FERITE
Infermiere dal 1997, Andrea Cominotti è uno specialista nella cura delle ferite (wound care). «Vivo questo lavoro come una vocazione, fin da bambino mi piaceva l’idea di aiutare gli altri. Nel 2000 ho iniziato a studiare vulnologia, quindi ad occuparmi di lesioni e ferite di vario tipo: vascolari, diabetiche, da pressione, neoplastiche…È un problema sempre più diffuso, che a volte non trova soluzioni». Il bisogno di conseguire un master e specializzarsi è nato dalla volontà di rispondere all’esigenza di curare pazienti la cui situazione può peggiorare e cronicizzarsi a causa di ferite difficili da rimarginare.

Come sottolinea Cominotti, «Negli anni impari che non esiste una medicazione ideale, ma solo buone valutazioni, che devono precedere ogni intervento. Per farle occorre ascoltare i pazienti e maturare molta esperienza, con competenza e passione. Tutto questo aiuta a crescere, mettendo a frutto ciò che si impara durante gli studi, per sviluppare un buono spirito di osservazione e pensiero critico. La somma di tutti questi aspetti fa di te un professionista credibile».

UN DISEGNO STRATEGICO
Riconoscere le tante specificità tecnico-sanitarie dei professionisti che lavorano in ospedale e sul territorio rientra in un disegno organizzativo strategico già attuato dall’Asst di Cremona, che la scorsa settimana ha definito e assegnato 87 nuovi incarichi organizzativi e professionali. Per la prima volta sono stati individuati e attribuiti incarichi di funzione professionale, che rappresentano le diverse specializzazioni acquisite dai professionisti del comparto attraverso percorsi formativi complementari o con master di primo livello. Questo passaggio è volto a valorizzare tutte le professioni sanitarie e socio-sanitarie, al fine di traghettare la cultura organizzativa e professionale verso la medicina di prossimità, sempre più sviluppata e vicina ai bisogni della persona.

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