Politica

Fattore Schlein, la prima volta
nel Pd del veterano Abeni

Il vento nuovo che l’arrivo di Elly Schlein sta portando nel Pd sta riavvicinando alla politica anche persone uscite da tempo dall’impegno attivo. Succede così che l’82enne Evelino Abeni abbia deciso di iscriversi per la prima volta al Partito democratico, lui che da quando si è conclusa l’era del Pci, di cui è stato importante esponente provinciale, aveva dato fiducia a Sel e poi a Sinistra Italiana, salvo poi constatare che percentuali così basse alle urne non potevano giovare alla causa dei lavoratori. E così da due anni non aveva più rinnovato la tessera.

“Nei prossimi giorni – ci dice raggiunto telefonicamente nella sua casa  – mi verrà consegnata la tessera del Pd. Ho deciso di iscrivermi a questo partito del quale ho seguito una fase congressuale foriera di sviluppi positivi per il futuro della Sinistra e della politica italiana nel suo complesso.
“Nel 2007 non avevo aderito, pur avendo partecipato da esterno al dibattito congressuale. Ero contrario a una formazione a parer mio neocentrista che non si poneva nel solco della tradizione di sinistra. Le vicende successive svoltesi nelle istituzioni e sul territorio, non hanno smentito questa mia valutazione, evidenziando la carenza di una Sinistra incapace di interpretare in termini concettuali e operativi le problematiche delle classi più deboli al punto di vista economico e sociale”.

Ora il vento è cambiato, anzi, per dirla con le parole di un veterano della politica vissuta ancora nei circoli e nelle sezioni di partito, “mi pare che nel Pd le condizioni siano mutate. Guardandolo dall’esterno, da uomo di Sinistra mi sono rafforzato nella convinzione che un rilancio del Pd debba intervenire con un significativo spostamento a sinistra della linea politica nel solco della linea riformatrice e con un cambiamento della dirigenza”. Cosa già avvenuta in buona parte con Schlein  e che dovrebbe “trovare conferma con le nomine negli organismi dirigenti”.
L’auspicio è che il bene dell’unità interna non modifichi le esigenze di rinnovamento in corso: in altre parole, che non si ricerchi l’unanimità a tutti i costi.

Per questo, continua Abeni, “sento di poter compiere il passo dell’adesione in questo Pd”, anche se sul piano operativo ci sono i limiti imposti dall’età e dalle non ottimali condizioni di salute.

La delusione di una sinistra minoritaria come quella espressa da Sinistra Italiana nasce dal fatto che “formazioni come questa non avevano e non hanno molta voglia di fare discorsi di unità della sinistra nel suo complesso”. E il timore che questo spostamento del Pd possa provocare la fuga della componente cattolica, una delle anime fondanti del Pd, non sembra preoccupare il vecchio politico: “non dò affatto per scontato che i cattolici usciranno e se qualcuno lo farà, ci sono anche nuovi ingressi determinati da questa modificazione della linea”.
L’importante è che il Pd assuma una identità chiara prima di definire le alleanze, sia sul piano locale con le amministrative del 2024, sia su quello nazionale. “E’ sui contenuti che si costruiscono le alleanze”, afferma ricordando il compromesso storico dell’era Moro – Berlinguer.

Evelino Abeni, fuori dalla politica grande appassionato di lirica e critico musicale, era entrato nel Pci alla fine degli anni ’50, segreteria Togliatti. E non è un caso se il secondo nome di suo figlio, nato nel 1964, è Palmiro, in omaggio al leader comunista che proprio in quell’anno morì.
Tra gli impegni istituzionali nell’arco dei decenni, si ricordano tre mandati come consigliere comunale a Cremona e per un breve periodo (1975) l’incarico di vicesindaco, lasciato quando venne eletto alla guida della Federazione cremonese del Pci, ruolo svolto fino al 1980. C’erano allora 11mila iscritti, 3000 solo nel capoluogo, cifre oggi impensabili. Poi ha svolto due legislature in consiglio regionale e un mandato in Consiglio provinciale, dove è stato anche assessore all’ecologia.

“Non sono andato a votare alle primarie – ci dice ancora – per motivi di salute, ma non sarei andato comunque perchè penso che il segretario di un partito lo debbano votare gli iscritti. Non avrei avuto dubbi di votare Elly Schlein, mi ha fatto una gran bella impressione, molto determinata, idee chiare, una ventata di rinnovamento”.

E Bonaccini? “Ha dimostrato ampiamente di essere un buon governatore, ma non è automaticamente un buon segretario di partito. Sono due esperienze abbastanza diverse”. gbiagi

 

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