Cronaca

Ucciso dall'azoto, "quei contenitori non erano di Abs"

Altra udienza del processo nei confronti di Pietro Dordoni, legale rappresentante della Abs Italia, accusato di omicidio colposo per la morte dell’agronomo cremonese Cesare Franzini, 38 anni, agente di commercio che lavorava per conto della società. Dordoni, difeso dall’avvocato Francesco Giovannini, avrebbe violato le norme per la prevenzione degli infortuni sul lavoro e consentito il trasporto di azoto liquido “in mancanza di condizioni di sicurezza”. La sera del 29 gennaio del 2008 Franzini aveva caricato cinque contenitori per il trasporto di azoto nel baule della sua Opel Astra. Il giorno dopo, alle 8 del mattino, lasciata la sua abitazione di via Piave, si era diretto alla macchina, parcheggiata in via Montello. Nel bagagliaio c’erano due contenitori pieni di azoto e tre vuoti. Nell’abitacolo, senza i finestrini abbassati, si erano sprigionate esalazioni di azoto liquido. Salito in auto, non aveva fatto nemmeno in tempo ad accendere il motore che si era sentito male, accasciandosi sul sedile senza conoscenza.

L’INGEGNERE DELLA PROCURA: ”BIDONI NON IN SICUREZZA”

In aula ha testimoniato l’ingegner Mario Falloni, incaricato dalla procura di analizzare le condizioni dei bidoni. “Non erano in sicurezza né all’uso, né al trasporto di azoto liquido”, ha spiegato Falloni, che ha riscontrato un “elevato tasso di evaporazione”. Per l’esperto, non è stato possibile reperire informazioni certe sul proprietario dei contenitori. “Su alcuni a pennarello c’era scritto ‘no Abs’, e uno di questi è risultato essere stato venduto dalla stessa società”.

L’IMPUTATO: “LE DIMENSIONI DEI CONTENITORI ERANO DIVERSE DA QUELLE DI ABS”

Sentito anche l’imputato, che ha precisato il ruolo che Franzini aveva all’interno dell’Abs: “aveva un contratto di agenzia, era libero professionista, agente plurimandatario che principalmente lavorava nelle aziende agricole con contenitori utilizzati per il trasporto di seme di toro”. Dordoni ha riferito al giudice Pio Massa che “le dimensioni dei contenitori trovati nell’auto di Franzini erano diverse da quelle dei bidoni che gli erano stati consegnati in dotazione da Abs”. “I nostri”, ha riferito Dordoni, “hanno un numero di riferimento con in mezzo un adesivo. Due dei contenitori trovati avevano il logo della casa madre americana che ha cambiato nome nel 1992 prima della nascita di Abs, mentre sugli altri c’era scritto ‘no Abs’”. L’imputato ha anche spiegato che “i bidoni rovinati o inservibili, in attesa di essere rottamati, vengono trasferiti in uno scantinato dove gli agenti non hanno accesso”, e che “gli agenti hanno anche bidoni di loro proprietà”. “Franzini”, ha puntualizzato, “era uno di quelli che aveva più contenitori di tutti”. E ancora: “gli agenti sono sempre stati messi al corrente, attraverso corsi e schede di sicurezza, dei rischi provocati dall’azoto”. “In macchina bisogna areare l’abitacolo ed abbassare i finestrini”, ha ricordato Dordoni. “Franzini era laureato in scienze agrarie ed aveva anche insegnato chimica all’Aselli”.

LE TESTIMONIANZE DELLA SCORSA UDIENZA

“Era prassi”, ha spiegato in aula il responsabile dell’Asl, “che i dipendenti o gli agenti di commercio portassero i contenitori dell’Abs in ditta per prepararli alla consegna. Durante la notte, infatti, c’è un addetto che misura l’attività di esalazione dell’azoto”. “L’ho visto il giorno prima della sua morte”, ha ricordato un ex magazziniere della ditta. “Era venuto con i suoi contenitori. Essendo un libero professionista, aveva dei contenitori suoi che gestiva personalmente. Capitava spesso che, data l’esperienza, qualcuno li riempisse da solo, anche se il mio capo mi sgridava se vedeva qualcuno che si avvicinava alla bombola”. “Essendo Franzini un laureato”, ha continuato il teste, “non c’era bisogno di dirgli di tenere il finestrino aperto quando trasportava azoto”. Il testimone ha anche riferito che “le schede sulla sicurezza le avevano tutti, sia i dipendenti che gli agenti”. “Viaggiava sempre con il finestrino abbassato”, ha ricordato a sua volta un amico della vittima.

Il processo riprenderà il 18 ottobre con le testimonianze di tre consulenti.

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