Spettacolo

Memoria: "La macchina delle
immagini di Alfredo C" al Filo

Approda anche a Cremona il film di Roland Sejko, “La macchina delle immagini di Alfredo C”, che verrà proiettato al cineteatro Filo il 23 gennaio (ore 21). Protagonista è appunto Alfredo C. cineoperatore dell’Istituto Luce al servizio di due dittature, il fascismo prima e il regime comunista albanese poi. Un uomo diviso tra due mondi, estraneo forse a entrambi ma capace di raccontare un’epoca, quella dei totalitarismi del Novecento, con i suoi drammi individuali e collettivi attraverso il ritmo di una ripresa che si vuole neutra, impassibile, ma che invece è al servizio della inesorabile macchina della propaganda, ma anche nascosta dentro al segreto di un piccolo uomo che ripete nella sua testa La vispa teresa per non perdere il ritmo, forse per darsi coraggio.

Un romanzo avvincente costruito sui materiali principalmente dei due archivi e con una parte di messa in scena affidata a Pietro De Silva, attore che ha il compito di portare lo spettatore dentro i meccanismi della memoria, in una sorta di lettera d’amore per la pellicola. De Silva ha lavorato essenzialmente “sulle emozioni” nelle scene alla moviola che sono state girate al Teatro 3 di Cinecittà.

Sejko, vincitore del David di Donatello con Anija/La nave, lavora da molti anni a Cinecittà – tra l’altro dirige la testata giornalistica dell’Archivio – e conosce a fondo il mondo dei materiali Luce. Da questi nasce la ricerca storica che ha portato alla costruzione della docufiction. Che è anche il racconto dei 27mila italiani rimasti bloccati in Albania nel 1945. Nell’aprile del 1939 l’Italia fascista aveva occupato il Paese inviando migliaia di operai, coloni e tecnici italiani. Le aspirazioni imperialiste di Mussolini dovevano prendere le mosse da quell’avamposto nei Balcani per “spezzare le reni alla Grecia”. Le cose non andarono come previsto e nel novembre del 1944 l’Albania venne liberata. Il nuovo regime comunista chiuse i confini ponendo all’Italia infinite condizioni per il rimpatrio dei suoi cittadini (ce ne volle per riportarli in patria e gli ultimi a rimpatriare furono i morti).

Tra i coloni trattenuti c’erano ingegneri e tecnici in grado di scavare gallerie. E c’era anche un operatore cinematografico, professionalità che scarseggiava, anzi era del tutto assente. Fu forse la sua fortuna – chissà – perché venne assoldato subito dal comandante per documentare il nuovo corso, gli evviva e gli abbasso, i nuovi bagni di folla. Affiancato da un operatore russo che gli “dava la linea”.
Il regista sarà presente alla proiezione.

© Riproduzione riservata
Caricamento prossimi articoli in corso...