Cronaca

Morì dopo l'impatto con un mezzo
agricolo. In aula è guerra di perizie

La vittima dell'incidente era Stefano Antonioli,
responsabile del Consorzio di Bonifica Dugali

Il 21 agosto del 2020, verso le 21,30, lungo la strada provinciale 85 tra San Daniele e Pieve d’Olmi, perse la vita Stefano Antonioli, 62 anni, di Sospiro, originario di Pieve d’Olmi ma da anni residente nella frazione di San Salvatore, ingegnere e responsabile del Consorzio di Bonifica Dugali, Naviglio, Adda Serio Dunas. Antonioli era alla guida della Fiat Panda di servizio del Consorzio quando entrò in collisione con la ruota anteriore sinistra di una mietitrebbia. L’impatto tra i due mezzi, che viaggiavano sul opposte corsie di marcia, fu devastante e il conducente della Panda morì sul colpo. Sul posto per i rilievi intervennero i carabinieri, che ascoltarono la testimonianza dell’autista della mietitrebbia e il collega che era alla guida del veicolo che la precedeva e che faceva da scorta alla macchina agricola.

L’avvocato Galli

Nessuno dei mezzi, però, fu sequestrato, nè la procura dispose l’autopsia sul corpo di Antonioli. I familiari della vittima, la moglie Francesca, architetto, e la figlia Liza, all’epoca dei fatti neodiplomata, volendo conoscere i motivi e le cause della morte del loro caro, si sono rivolti all’avvocato Fabio Galli che ha commissionato all’ingegner Giuseppe Manfredi, perito cinematico, l’effettuazione di una consulenza tecnica. Sulla base dei risultati dell’indagine, l’avvocato Galli ha depositato una denuncia ed ora il conducente della mietitrebbia, Danilo Rodella, un 54enne di Montichiari dipendente di una ditta di lavorazioni conto terzi, è a processo davanti al gup Giulia Masci per omicidio stradale.

L’avvocato Genesi

Secondo la consulenza dell’ingegner Manfredi, la causa dell’incidente sarebbe da attribuire alla condotta del conducente del mezzo agricolo. L’esperto ha collocato il punto d’urto nella semicarreggiata di percorrenza della Panda, sostenendo che l’altro mezzo impegnava, “almeno inizialmente, la corsia di marcia opposta ben più di qualche centimetro, così come dichiarato dal conducente. La macchina agricola, inoltre, non risultava dotata di luci di ingombro della barra operatrice, oscurando, di fatto, i fanalini del trattore collocati dietro la stessa, e rendendo il mezzo scarsamente visibile nell’oscurità della sera”. E ancora: “la distanza tra la mietitrebbia e il mezzo di scorta che la precedeva era di circa 50 metri, mentre il regolamento del Codice della strada prevede una distanza non inferiore a 75 metri”. “Dalle rilevazioni”, sempre secondo quanto stabilito dall’ingegner Manfredi, è emerso che l’autista della macchina agricola “aveva arrestato la sua marcia dopo l’urto ad una distanza di oltre 50 metri dal punto di impatto, impedendo in tal modo il preciso accertamento della velocità della mietitrebbia”. Partendo dal punto d’urto, considerando le dimensioni del mezzo agricolo, il conducente non avrebbe proceduto “tenendo la rigorosa destra: se avesse viaggiato con le ruote destre sul ciglio asfaltato non ci sarebbe stata alcuna collisione”.

Per le sue assistite, l’avvocato Fabio Galli ha chiesto come risarcimento danni una provvisionale di 400.000 euro.

Alla consulenza dell’ingegner Manfredi si contrappongono la perizia dell’esperto Marco Alquati,  nominato dal giudice, e la consulenza di Alfonso Micucci, nominato dall’avvocato della difesa Luca Genesi. Entrambi, infatti, sono concordi nel sostenere l’assenza di responsabilità da parte di Rodella, che avrebbe rispettato tutte le norme stradali.

Si torna in aula il prossimo primo marzo.

Sara Pizzorni

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