Diciottenne investito e ucciso
nel 2019: al pirata 3 anni e 6 mesi
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Tre anni e sei mesi di reclusione. Questa la condanna emessa dal giudice per Edgar Lucca, 27 anni, peruviano di nazionalità italiana con residenza a Pandino, a processo per omicidio stradale e fuga per la morte di Petrisol Vasile Cioroaba, 18enne nato in Romania ma residente a Palazzo Pignano, investito e ucciso la notte tra sabato 31 agosto e domenica 1 settembre 2019. Il giudice ha concesso all’imputato le attenuanti generiche equivalenti all’aggravante contestata, quella della fuga, disponendo anche la sospensione della patente per tre anni e sei mesi. Alla parte civile, costituita dalla famiglia della vittima (padre, madre e sorella minore), tutti assistiti dall’avvocato Francesco Maria Nucera, è stata disposta una provvisionale complessiva di 610.000 euro. Il resto da liquidarsi in un separato giudizio civile. Per l’imputato, il pm onorario Silvia Manfredi aveva chiesto 5 anni di reclusione senza le attenuanti.
Quella notte Vasile era a piedi ed era appena uscito dalla discoteca Magika di Bagnolo Cremasco dove aveva passato la serata con alcuni amici. Dopo l’investimento, il ragazzo era stato caricato sul cofano della macchina e sbalzato per 24 metri oltre il guard-rail, andando a cadere nella banchina erbosa a destra della carreggiata. L’autopsia aveva stabilito che il giovane, che aveva riportato gravissime lesioni craniche, era morto sul colpo. Il 2 settembre del 2019, 36 ore dopo averlo investito con la sua Punto sulla strada bassa che porta verso Scannabue, l’imputato aveva chiamato i carabinieri, facendo ritrovare il 18enne ormai senza vita.
Lucca, come ricostruito dall’ingegner Cinzia Cardigno, il perito nominato dal pm, viaggiava ad una velocità di 70 chilometri orari su un limite di 50, e “non poteva non essersi accorto di aver investito una persona”. In aula, l’esperta aveva parlato dei segni “inequivocabili” lasciati sull’auto dell’investitore: il cofano danneggiato sul quale era rimasta impressa la forma dei danni da caricamento di una persona, e il parabrezza sfondato. Nulla a che vedere con i danni alla fiancata “post investimento” che l’auto aveva riportato per aver strisciato contro il guard rail.
Al contrario, per l’ingegner Marco Paolo Alquati, perito della difesa, Lucca, a causa di un colpo di sonno, avrebbe avuto una “perdita lenta e progressiva del veicolo. Lo si vede dalle tracce lasciate dall’auto che corre parallelamente al guard rail proprio per mancanza di un’azione controsterzante. La strada, in più era buia, ed era impossibile rendersi conto dei danni. C’è stata una sovrapposizione tra i danni provocati dall’investimento e quelli da impatto contro il guard rail”. Per quanto riguarda i danni al parabrezza, il consulente aveva specificato che “non c’era tutto lo sfondamento del parabrezza” e che “non è da considerarsi un nesso di causa col sinistro”.
“Quella sera ho avuto un colpo di sonno”, aveva raccontato in aula l’imputato. “Ero convinto di aver urtato il guard rail. Era buio, non ho pensato di aver investito qualcuno. Poi sono ripartito e una volta tornato a casa sono andato a dormire”. Il ragazzo aveva sostenuto di non essersi accorto dei gravi danni che aveva riportato la sua auto. “Il reale danno l’ho visto il giorno dopo”.
Lunedì 2 settembre Edgar aveva riferito di aver visto tramite i social che Vasile era scomparso e che erano in corso le ricerche. La famiglia, non vedendolo rientrare, aveva allertato i carabinieri. In tanti avevano cercato Vasile, da tutti chiamato Pietro. I genitori, tutta la comunità romena, gli amici. La zona era stata passata al setaccio dai militari, ma il corpo non si vedeva. Era nascosto nell’erba giù nella scarpata. L’unico ad indicarne la posizione era stato l’imputato.
Nelle sue conclusioni, la parte civile ha parlato di “innumerevoli menzogne e contraddizioni” da parte di Lucca, con una versione dei fatti “non credibile”, che “ha fatto acqua da tutte le parti”. “L’imputato”, ha sottolineato l’avvocato Nucera, “non ha mai nemmeno manifestato rammarico alla famiglia per quanto accaduto”.
“Questo è un dramma che ha toccato due famiglie”, ha detto a sua volta l’avvocato Giorgio Barbesti, difensore di Lucca. Il legale ha contestato l’aggravante della fuga: “Il mio assistito, che ha ammesso le sue responsabilità in merito all’incidente, si è fermato per verificare cosa fosse successo. Ma era notte e il corpo della vittima non avrebbe potuto vederlo. Tra l’investimento, il caricamento sul cofano e l’impatto sono passati solo 0,3 secondi. Come avrebbe potuto rendersene conto?”.
Sara Pizzorni