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Elezioni 25 settembre, prezzo gas accende campagna voto 2022

(Adnkronos) – Volano i prezzi di gas ed elettricità al punto che i rialzi rubano la scena a tutte le altre questioni dibattute dai leader in questi giorni di campagna in vista delle elezioni politiche del 25 settembre 2022. Il prezzo del gas ieri ha registrato un nuovo picco a 323 euro prima di rallentare e di aggirarsi intorno ai 315 euro. La giornata ha visto i riflettori accesi sulla proposta di Carlo Calenda di sospendere la campagna elettorale per consentire al governo Draghi di agire contro il caro gas, per “supportare il piano del governo, rigassificatore incluso, e un eventuale scostamento di bilancio”. “La mia proposta è quella di un time out di un giorno alla campagna elettorale, per prendere l’impegno di sostenere il governo Draghi, di incontrarsi tra tutti i leader, anche se dovessimo fare uno scostamento di bilancio” dice il leader di Azione al Meeting di Rimini. 

Una proposta che diventa l’occasione per un altro acceso botta e risposta con Matteo Salvini. “Calenda probabilmente dice che bisogna sospendere la campagna elettorale perché sa che ha già perso, prima di cominciare” commenta il leader della Lega, per il quale sul prezzo del gas “è l’Europa che deve muoversi, quindi speriamo che l’Europa imponga questo benedetto tetto alle aziende. Intanto però non possiamo aspettare mesi che a Bruxelles si sveglino, se anche in questo caso non si muovono l’Italia non può aspettare”. “Se fossi nel presidente del Consiglio – aggiunge Salvini – io convocherei oggi a Roma Eni, Enel, A2a, le aziende produttrici di petrolio e le raffinerie per concordare con loro a livello interno un tetto all’aumento del gas, visto che qualcuno ci sta guadagnando miliardi. Se il gas aumenta, se la luce aumenta, ci sono le aziende che producono e distribuiscono che stanno guadagnando miliardi e miliardi. Mettere un tetto a questi extra guadagni è possibile”. 

“La risposta di Salvini che io avrei ‘paura di perdere’ è una risposta da adolescente, da chi non ha mai lavorato un giorno in vita sua fuori dalla politica; e neanche dentro. Io ho passato l’adolescenza da un bel po’… – replica Calenda al leader leghista – Si facesse un giro fra le aziende medie e piccole e fra gli artigiani che una volta votavano Lega e chiedesse qual è la situazione sul punto. Non ho chiesto di sospendere le elezioni! Ho chiesto di fermarci un giorno tutti quanti, per aiutare il governo Draghi a prendere provvedimenti. Se poi Salvini non lo vuol fare e vuole continuare a baciare le mucche e i prosciutti o a girare sulle spiagge, faccia pure. Noi sentiamo il dovere di agire e siamo pronti a farlo, tutti insieme, anche domani”.  

A intervenire è anche Giuseppe Conte. L’allarme sulla corsa del gas lanciato oggi da Calenda, che ha chiesto di sospendere la campagna elettorale? “Ma scusate dov’è la responsabilità? Quando lo dicevo perché ero il solo a dirlo? Calenda che faceva? Oggi si sveglia per la campagna elettorale?” dice il leader del M5S ospite del Tg4. “A marzo – aggiunge – ebbi uno scontro molto duro a Palazzo Chigi con Draghi, quando dissi che non era il caso di puntare sul riarmo perché c’erano altre emergenze, le altre forze politiche dov’erano? Oggi scoprono che c’è un problema di caro energia?”.  

Nelle parole di Carlo Bonomi la preoccupazione degli industriali: “Tutti i giorni assistiamo a un aumento del prezzo del gas. Il governo Draghi può e deve intervenire”. “Noi abbiamo bisogno di interventi quali un tetto al prezzo del gas, se non viene fatto a livello europeo deve essere fatto a livello nazionale”, afferma il presidente di Confindustria intervenendo al Tg1. Inoltre occorre “sganciare il prezzo dell’energia elettrica da quello del gas” e “la sospensione temporanea dei certificati ets”. Infine Bonomi chiede di “riservare una quota della produzione delle energie rinnovabili a costo amministrato, come fanno negli altri Paesi”.  

Per Enrico Letta “un decreto legge che raddoppia il credito d’imposta si può fare domattina. Chiediamo a questo governo di farlo, per evitare a tante aziende di chiudere. Credo ci sia un consenso largo in Parlamento. E accanto a questo anche il disaccoppiamento dei costi dell’energia fossile da quella delle rinnovabili. Si può fare, si deve fare prima delle elezioni” dice il segretario del Pd al Tg2 post. 

L’Italia resta al livello di preallerta: per il nostro Paese non scatta l’allarme o peggio ancora l’emergenza, i tre livelli collegati al dossier gas. E questo nonostante l’ultima impennata dei prezzi. “Il gas c’è, non c’è motivo di pensare a razionamenti – spiega un’autorevole fonte di governo all’Adnkronos – semmai il problema è un altro, ovvero il rigassificatore. Se non se ne realizza almeno uno in tempi stretti, nel 2023 andremo in emergenza, soprattutto non potremo affrancarci, come stiamo facendo, dal gas russo. Cinque miliardi di metri cubi di gas resterebbero fuori perché senza un ‘contenitore’ dove poterli accogliere appunto, e questo nonostante gli accordi stretti dal governo per diversificare: sarebbe la beffa più grande”. 

I tubi italiani sono ormai ‘pieni’, saturi, c’è bisogno di altro spazio per accogliere gas liquido, il cosiddetto Gnl. Il governo ne è perfettamente consapevole, e anche questo è uno dei crucci che si sta ponendo in queste ore. Ore in cui, sul tavolo, c’è il pacchetto di aiuti per le imprese che arriverà a settembre, l’altro ieri al centro di una riunione, riferiscono le stesse fonti, tra i ministri Daniele Franco e Roberto Cingolani.  

Per le aziende in affanno, che continuano a lanciare il loro grido d’allarme, si farà nuovamente leva sul credito d’imposta, mentre per le energivore, spiega la stessa fonte, “ci saranno due pacchetti importanti a prezzi calmierati, uno riguardante il gas e l’altro l’energia elettrica. E’ tutto quello che si può fare”. Oltre a portare avanti la battaglia in Europa sul tetto massimo al prezzo del gas. 

Ma il problema rigassificatore resta centrale, con gli occhi puntati su Piombino, dove la nave dovrebbe attraccare. Marzo è la deadline, perché i ‘tubi’ italiani saranno saturi entro l’inizio della primavera, dunque rischiano di non trovare dimora 5 miliardi di metri cubi di gas necessari per ‘sforbiciare’ ancora il fabbisogno da Mosca, portandolo dal 18% al 10%. E di centrare l’obiettivo 2024 per esserne completamente indipendente. “La beffa più grande”, ribadisce la stessa fonte. 

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