Cronaca

Una nuova mazzata sul lavoro: occupazione a rischio in agricoltura

“Togliere i voucher sarebbe un duro colpo all’occupazione. La riforma così come è stata concepita non va bene: è poco funzionale e non sarà più possibile per centomila pensionati, studenti e cassintegrati italiani arrotondare il proprio reddito nelle campagne di raccolta di frutta, verdura, olive o vendemmia, come hanno fatto negli ultimi quattro anni” così commenta Ettore Prandini, Presidente della Coldiretti Lombardia dopo l’iniziativa di sensibilizzazione di questa mattina a Roma davanti al Senato, durante la quale un  migliaio di imprenditori, studenti e pensionati provenienti da tutte le Regioni d’Italia hanno manifestato per evitare la cancellazione di uno strumento che concilia le esigenze di semplificazione, legalità e trasparenza con la possibilità di garantire un sostegno alle classi sociali che più sentono la crisi.

La vigente legislazione sui voucher consente alle imprese agricole di avvalersi, solo per attività stagionali, del contributo di limitate categorie di soggetti che si trovano fuori dal mercato del lavoro come appunto, dal primo giugno, per i ragazzi dai 16 ai 25 anni di età regolarmente iscritti ad un ciclo di studi. Ora l’emendamento presentato dai relatori al ddl di riforma del mercato del lavoro del Ministro Elsa Fornero cancella di fatto i voucher in agricoltura poiché limita l’uso dei buoni alle sole imprese di autoconsumo, senza contabilità, sotto i 7.000 euro di fatturato.

Dall’agosto 2008 al dicembre 2011 in Lombardia sono stati utilizzati oltre 3 milioni e mezzo di voucher, di cui quasi 400mila assorbiti dal settore agricolo. Solo nel 2011, sono stati oltre 96mila i voucher usati in agricoltura in Lombardia. Le province che hanno adottato di più questo sistema per il lavoro nei campi, sempre l’anno scorso, sono state: Brescia (49.004), Bergamo (12.971), Mantova (11.003). A seguire: Pavia (6.100), Milano (4.110), Sondrio (3.527), Cremona (3.460), Lecco (2.170), Varese (1.567), Lodi (1.313), Como (1.265). “Si tratta di un numero importante – spiega Prandini – che dice chiaramente quale potrebbe essere il danno occupazionale nel caso di una cancellazione di fatto di questo strumento”. Il grosso dei buoni lavoro – spiega la Coldiretti – è concentrato al nord: oltre alla Lombardia, anche in Emilia Romagna, Friuli Venezia Giulia, Piemonte, Veneto, Trentino e Toscana.

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