Ambiente

Caso Tamoil, nel sottosuolo Bissolati
kerosene risalente a meno di 5 anni fa

Per i consulenti della società sportiva, questa è l'ultima di una serie di prove sul cattivo funzionamento della barriera idraulica. Declinata la proposta di Tamoil di estrarre il surnatante da alcuni dei piezometri installati sul suo terreno e realizzare una indagine integrativa: "Proposta inadeguata e dilatoria"

Canottieri Bissolati fortemente delusa dall’esito della conferenza di servizi convocata per oggi  dagli enti che si occupano dell’inquinamento Tamoil, a pochi giorni di distanza dal deposito della causa civile della stessa società canottieri, con contestuale richiesta di bloccare al più presto il flusso di idrocarburi all’esterno.

In una conferenza stampa convocata nel pomeriggio in società, il presidente Maurilio Segalini, insieme al consulente Gianni Porto e agli avvocati Claudio Tampelli e Gian Pietro Gennari ha riassunto quali sono i motivi che oggi, a 11 anni dalla approvazione  della messa in sicurezza operativa dell’area (MISO), continuano a preoccupare la società in quanto quel piano non si sta rivelando idoneo a garantire il confinamento degli idrocarburi  nell’interno della ex raffineria, ora divenuta deposito. In particolare – ha spiegato il geologo Porto – quel piano di messa in sicurezza si basava su presupposti smentiti dalle successive analisi dei terreni e dalla sentenza penale di condanna della Tamoil.

Solo per citare le ultime analisi: l’accertamento tecnico preventivo del settembre 2020; e la verifica effettuata dagli enti il 25 marzo di quest’anno sui piezometri installati dalla Bissolati nei pressi della piscina da 50 metri.

Le analisi più recenti sono state effettuate il 13 giugno e hanno rivelato la presenza di surnatante nei piezometri 2, 4 e PE 17/18, addirittura 65 cm di idrocarburi nel primo caso,  che costituisce “la conferma dell’attuale e continuo passaggio del surnatante dall’area Tamoil all’area della Bissolati”, ha spiegato Porto.  Ma c’è di più, ossia il ritrovamento di kerosene: “L’analisi sulla datazione del prodotto rinvenuto nei piezometri 2 e 3,  ha rivelato la presenza di prodotto di età inferiore ai 10 anni e, in particolare per il kerosene, di 5 anni. E’ stato lo stesso ingegner Garavaglia in conferenza dei servizi  a precisare che dopo la chiusura delle attività di raffinazione nel 2011, non era più stato stoccato kerosene fino al 2019, quando per esigenze di stoccaggio nazionali, è stata riavviata questa attività”.

Dunque la dimostrazione, secondo la società, della necessità di arrivare una volta per tutte all’individuazione dell’origine delle fuoriuscite e di bloccarle immediatamente, unificando, dal punto di vista amministrativo, le due procedure previste dagli accordi iniziali che differenziano le aree esterne da quelle interne al deposito: per le prime è prevista la messa in sicurezza; per le seconde la bonifica.

Durante la Conferenza dei Servizi – hanno spiegato Segalini e i legali che lo stanno affiancando –  la società petrolifera ha presentato due proposte: avviare una indagine integrativa, e la disponibilità ad estrarre il surnatante dai piezometri della canottieri. Proposte che vengono giudicate come “inadeguate e dilatorie, oltre che ulteriormente gravose per la proprietà Bissolati”, insufficienti a garantire l’obiettivo della società, ossia ripulire completamente il terreno dagli idrocarburi.

La tesi della società canottieri, suffragata da tutta una serie di dati, è che la barriera idraulica così come venne progettata inizialmente non è idonea a contenere il flusso. E la magra del fiume Po sta peggiorando  la situazione: “Quando è stata progettata – ha spiegato Porto –  la falda stava tra i – 7 e i – 4 metri, adesso siamo a – 10.5,  il battente d’acqua non è più sufficiente e l’organizzazione geometrica di questa barriera non è più valida. Non è colpa di chi l’ha progettata, ma quando i dati cambiano devi rivedere l’efficienza di quello che hai realizzato.
“Questi due elementi, ossia la datazione che abbiamo fatto del surnatante e la sua presenza diffusa, inducono a pensare che qualcosa non va. Questi sono i dati che abbiamo portato alla conferenza di servizio, che sono stati accettati sicuramente dalla Provincia di Cremona che, con i suoi pareri, si rende disponibile a fare degli approfondimenti sull’origine; mentre per quanto riguarda l’Arpa stiamo aspettando che, con oggi, il parere definitivo ci dia una mano ad andare a fare questa verifica”.

“La Tamoil – ha aggiunto il consulente –  si è resa disponibile anche oggi, attraverso un progetto che ha menzionato ma non ci ha consegnato, ad effettuare l’estrazione del surnatante dai nostri piezometri, ma la cosa è insufficiente: se si pensa che il surnatante arrivi da fuori, raccoglierlo in due o tre punti non serve. Qui stiamo parlando di diverse centinaia di metri cubi di prodotto libero, non riesci a eliminarlo da piezometri da 10 cm di diametro.
Sempre Tamoil si è resa inoltre disponibile a fare un’indagine integrativa, che è senz’altro utile, però deve avere un presupposto, quello tipico delle operazioni di messa in sicurezza di emergenza, ossia cercare l’origine della contaminazione e rimuoverla.
Noi ci aspettiamo che gli enti di controllo chiedano esattamente questo. Non è una questione di tecnica, ma di obiettivi”.

Prove di estrazione di surnatante oggi in Bissolati: lo strato oleoso più scuro che galleggia all’interno del cilindro è alto 50 cm. E’ stato estratto a 10,5 metri circa di profondità

Molto amareggiato il presidente della Bissolati Maurilio Segalini: “Noi volevamo avere oggi anche una dichiarazione politica  da parte degli enti. E’ davvero singolare che ancora non sia arrivata dopo tutti i dati che abbiamo portato. Bisogna fermare la fonte di inquinamento. Siamo intervenuti come parte lesa alla conferenza di servizio. Abbiamo detto che è  inutile che Tamoil continui a presentare progettini per togliere il surnatante dai nostri piezometri, tra l’altro quelli che abbiamo collocato a nostre spese. E’ come asciugare il pavimento di un bagno con uno straccio. Qui gli enti si devono impegnare nel trovare la fonte dell’inquinamento. Tutti i presupposti del 2011 non vanno più bene. Trovo banale limitarsi a dire che attualmente non esiste un problema sanitario: per fortuna che non esiste, ma dobbiamo fare in modo che resti così anche per il futuro. Che gli enti voltino la faccia da un’altra parte parte dimostra che noi siamo abbandonati a noi stessi”.

I consulenti hanno poi svolto un prelievo in diretta dal piezometro 4, che ha rivelato ulteriormente la presenza del surnatante a oltre 10 metri di profondità. Ad assistere anche Giovanna Perrotta di Legambiente: “La datazione del kerosene di cui veniamo a conoscenza oggi è un ulteriore elemento che ci preoccupa. Il piano di ripristino per i terreni della Bissolati non ha mai funzionato, bisogna assolutamente accertare la fonte e la priorità è fermare l’inquinamento. Il problema non è della Bissolati ma della città di Cremona”. Annunciata anche una prossima diffida (la seconda) da parte dei legali milanesi dell’associazione ambientalista che stanno seguendo il caso. gbiagi

 

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