Cronaca

Tumore al Rene, Asst: "Nuove terapie
migliorano aspettativa di vita"

Giovedì 16 giugno è il World Kidney Cancer Day, la Giornata mondiale contro la neoplasia al rene. È promossa dalla International Kidney Cancer Coalition (Ikcc), rete internazionale indipendente che riunisce le organizzazioni dei pazienti formate per sensibilizzare e informare su questa patologia. Secondo le stime riportate dall’associazione, in Italia oltre 144 mila persone vivono con una diagnosi di carcinoma renale. Ogni anno si contano circa 13.500 nuovi casi, in maggioranza uomini (9mila). Nonostante le buone chances di sopravvivenza – sette pazienti su dieci sono vivi a cinque anni dalla diagnosi – questo tipo di patologia non è facile da individuare. Su scala nazionale, il 60 per cento dei casi (8.100 ogni anno) viene scoperto durante esami medici svolti per altri problemi di salute.

La giornata istituita oggi ha la finalità di sensibilizzare la popolazione su questo tema: a tale proposito, l’Associazione Nazionale Tumore del Rene (ANTURE) ha organizzato una conferenza stampa divulgativa, che ha coinvolto medici, docenti universitari e specialisti.

Tra i relatori figura Giuseppe Procopio, direttore dell’U.O. Oncologia Medica Asst Cremona, che sottolinea l’importanza della ricerca e della personalizzazione delle terapie. “L’incremento della sopravvivenza – afferma – è dovuto all’introduzione delle terapie target innovate che, nell’ultimo decennio, ci ha permesso di contrastare anche i casi in fase avanzata della malattia”.

Da questo punto di vista, “l’Asst di Cremona si pone all’attenzione per la capacità di operare con protocolli all’avanguardia e terapie frutto di ricerca ed evoluzione per questo tipo di patologie, trattate con approccio multidisciplinare attraverso l’integrazione di competenze diverse. I dati italiani sono indice di buona cura: siamo i migliori a livello europeo in termini di risultati e integrazione dei trattamenti dedicati a questo tipo di tumore”.

A Cremona ogni anno vengono effettuate circa cinquanta nefrectomie – asportazioni del rene – e vengono seguiti in totale un’ottantina di pazienti con tumore al rene provenienti da tutto il territorio. “È una patologia molto subdola, che spesso dà sintomi solo quando è già ad uno stadio avanzato, interessando anche pazienti giovani”. Lo afferma Fabio Malberti, Direttore dell’U.O. di Nefrologia dell’Ospedale di Cremona.

Per gestire e monitorare le problematiche connesse allo sviluppo o al trattamento del tumore al rene, è stato attivato un ambulatorio “Nefro-oncologico” di secondo livello dedicato ai pazienti con problematiche oncologiche attive, che hanno un rischio di danno renale o che presentano una nefropatia.

“Questo ambulatorio è gestito da Nefrologi dedicati in collaborazione con i colleghi dell’U.O. di Oncologia per una valutazione multidisciplinare delle problematiche nefrologiche nei paziento oncologici. Nel caso dei pazienti con tumore renale nella valutazione vengono coinvolti anche gli specialisti Urologi”, spiega Malberti. “Da questo punto di vista è fondamentale la cooperazione tra più specialisti nella valutazione clinica, nell’iter diagnostico e nelle scelte terapeutiche di pazienti che oltre alla neoplasia hanno più comorbilità”.

La terapia chirurgica del tumore del rene è affidata all’urologo, che definisce il tipo di intervento e lo mette in atto. Come sottolinea Fabrizio Verweij, direttore dell’U.O. di Urologia, “Non esiste un solo tipo di intervento per l’asportazione della malattia, ma ci si confronta con l’estensione della stessa (definita dagli esami di stadiazione necessari) e con le caratteristiche del paziente, per una scelta finalizzata al massimo della capacità curativa con il minimo dell’impatto clinico dovuto all’intervento”.

Gli attori di questo processo non sono più solo ed esclusivamente i chirurghi: “Il tumore al rene è sempre stato di competenza Ma la chirurgia oncologica moderna è un’attività di concerto, non più da “solisti”. Oggi lavoriamo in sinergia con altri attori: ciò è dovuto in parte allo sviluppo di nuovi approcci terapeutici e di tecnologie ablative alternative, come le radiofrequenze per esempio. È l’urologo che definisce il bilancio tra rischi e benefici di ogni possibile approccio invasivo alla patologia. Nel caso sia necessario l’intervento chirurgico, optiamo ove possibile per un approccio mininvasivo e finalizzato alla preservazione dell’organo, ove oncologicamente indicabile”.

La preservazione della funzione renale migliora qualità e quantità di vita in questi pazienti. “Per questo collaboriamo con gli altri specialisti – aggiunge Verweij – con i nostri nefrologi condividiamo la scelta del tipo di intervento, dato che le loro informazioni funzionali definiscono la condizione attuale o prevedibile della funzione renale successiva. Con il team oncologico (oncologi e radioterapisti) riusciamo a valutare quando la patologia sia avanzata e il paziente mostri altre sedi di migrazione della stessa. In questo caso viene concordato non solo il tipo di approccio ma anche la sequenza con cui gli specialisti coinvolti interverranno con le loro specificità.

Le informazioni necessarie coinvolgono anche i Radiologi e gli anatomopatologi: sono essenziali nella definizione del punto di bilancio per la scelta terapeutica. Senza la qualità di questi settori si perde in efficacia diagnostica e terapeutica. Lavorare in ottica multidisciplinare è fondamentale per definire caso per caso le terapie più adeguate alla cura del paziente. È l’individuo ad essere curato, non la patologia. L’Ospedale di Cremona si riconferma punto di riferimento territoriale in grado di strutturare un’adeguata terapia oncologica, chirurgica, medica e radioterapica allineata agli standard nazionali di riferimento”.

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