"In nome del popolo italiano". La
Giustizia 2.0 più vicina ai cittadini
Da anni il tribunale di Cremona è noto per essere un precursore del mondo Giustizia 2.0. Dal 2004, tutte le sentenze sono disponibili in formato digitale Pdf grazie ad un avanzato sistema di digitalizzazione dei fascicoli processuali. Il progetto Digit, ideato dal giudice informatico Pierpaolo Beluzzi, nel tempo si è evoluto, consentendo anche la condivisione dei documenti elettronici e rendendo possibile effettuare a distanza audizioni protette di testimoni, interrogatori e deposizioni, coinvolgendo indagati, periti e consulenti senza necessità della loro presenza in aula. Una scelta di innovazione del tribunale di Cremona diretta a rendere disponibili le migliori e più diffuse forme di comunicazione online in un vero e proprio percorso di “Giustizia orientato al servizio dei cittadini”, agevolandone la loro partecipazione alle udienze in un contesto di efficienza, flessibilità e creatività in rete.
Nella stessa ottica, ora si aggiunge un altro importante tassello: un progetto sul quale il giudice Beluzzi ha lavorato due anni e per il quale ha ricevuto un premio nella categoria “sociale” del Blockchain Revolution Summit di Trento. Si tratta di un’innovazione che attraverso un database disciplina le fasi dei lavori di pubblica utilità. Un progetto che ha la capacità di restituire al cittadino il controllo diretto su ampie parti del procedimento, ed in particolare sulla fase esecutiva, garantendo alti profili di riservatezza. Ora sarà utilizzato per i lavori di pubblica utilità, e un domani sarà ampliato alla giustizia riparativa.
Ecco come funziona il nuovo programma nei lavori socialmente utili: l’imputato in alcuni casi può scegliere di effettuare una serie di lavori presso enti o associazioni convenzionate: se porta a termine positivamente il lavoro, il reato si estingue. Lo smart contract viene attivato dal giudice, che carica il provvedimento di ammissione in forma criptata sul web, in maniera tale che solo l’ente convenzionato può prenderne visione. Si attivano quindi una serie di “transazioni” sul database, chiamato blockchain, che ad ogni passaggio certificano che l’imputato sta effettivamente svolgendo il numero di ore a lui assegnato. All’esito del definitivo adempimento lo smart contract si conclude, e questo momento coincide con il provvedimento di estinzione del reato da parte del giudice.
“La particolarità”, ha spiegato Beluzzi, “è che tutte queste transazioni sono visibili da chiunque sulla piattaforma di blockchain utilizzata e che ogni cittadino può ‘controllare’ che quello smart contract sta progredendo, o si è bloccato, o si è concluso positivamente. Ogni smart contract è riferibile ad altri univoci indirizzi dei contraenti, apparentemente anonimi, ma ai quali corrispondono dei wallet che identificano i possibili attori di quella fase processuale, che possono essere o il giudice o l’ente affidatario, oppure la polizia giudiziaria delegata per il controllo. L’imputato non compare mai, ma tutti gli altri attori sono ‘tracciabili’ in riferimento alle loro attività, ed è tracciabile il percorso dell’intero svolgimento dei lavori di pubblica utilità. In sostanza chiunque può controllare sul web o anche con una semplice app se quella pena alternativa è stata eseguita o meno, quante ore di lavori di pubblica utilità sono state svolte presso quell’ente e i tempi di svolgimento di ciascuna procedura. Il controllo diventa ‘diffuso’, ovvero si sposta potenzialmente da soggetti delegati, come ad esempio i funzionari ministeriali o la polizia giudiziaria, al cittadino interessato. Insomma, ogni passaggio rimane in maniera permanente e non modificabile, a garanzia anche dello stesso imputato e con la possibilità di controllo senza alcuna intermediazione da parte dello difensore, e avrà potere di ‘prova’”.
Una rivoluzione che già si sta pensando di estendere alla giustizia riparativa, con enormi vantaggi, soprattutto per le persone offese: si tratta di un procedimento che consente alla vittima di operare un confronto con chi le ha fatto del male, di intraprendere un percorso che parte dal pentimento del reo fino ad un possibile perdono della persona offesa. Possono intervenire vari attori, mediazioni, eventuali risarcimenti del danno, e tutto trova il presupposto nel costante “consenso” della vittima stessa. Se il consenso della vittima viene a mancare in qualsiasi momento, il percorso si interrompe.
“Ho iniziato ad immaginare il ‘controllo’ della vittima”, ha spiegato il giudice, “attraverso uno smart contract, o meglio una serie di smart contract che caratterizzano le varie possibili fasi del percorso di giustizia riparativa: agli effetti di trasparenza e di controllo ‘distribuito’ si aggiunge il permanente controllo, in ogni fase, della vittima, che con la sua ‘transazione’ sulla blockchain attiva o non attiva un altro step del percorso di ‘riparazione’. Il percorso si può interrompere in qualsiasi momento, ma la ‘collettività’, il popolo italiano, può sempre conoscere cosa è stato fatto fino a quel punto, o prendere atto dell’effetto positivo finale”.
Sara Pizzorni