Ambiente

Sfalci riutilizzati in agricoltura
Le indicazioni della Regione

La Regione Lombardia ha dato una interpretazione ufficiale sull’utilizzo in ambito agricolo degli sfalci verdi derivanti dall’attività del florovivaismo.
La Nota, chiesta dalle associazioni di categoria per chiarire la normativa nazionale, è stata inviata a tutti gli enti provinciali.

In Lombardia la filiera del verde (floricoltura più servizi) conta 6.919 aziende; 200 quelle cremonesi.
Il documento chiarisce come i residui di lavorazione del verde privato e a determinate condizioni tracciate dalla circolare del Mite anche del pubblico, possano essere destinati ad un utilizzo agricolo come sottoprodotto, purché vi sia adeguata tracciabilità tra il punto di produzione e il luogo di destinazione nel quale si realizzi un utilizzo agronomicamente corretto e riconducibile a una buona pratica agricola.
“Si tratta di un tema sul quale Regione – afferma l’assessore regionale all’Ambiente e Clima – vuole ci sia piena chiarezza, affinché tutti possano operare nel pieno rispetto dell’ambiente. Contribuirà infatti alla riduzione dei rifiuti derivanti dagli sfalci e al recupero corretto di materia organica in un’ottica di economia circolare. Inoltre, consentirà di evitare pratiche scorrette e fortemente impattanti sulla qualità dell’aria come gli abbruciamenti”.
“Ringrazio le associazioni di categoria per il lavoro congiunto con la Regione. È fondamentale per i florovivaisti e i manutentori del verde – aggiunge l’assessore regionale all’Agricoltura, Alimentazione e Sistemi verdi – avere un documento che chiarisca le modalità per chiudere una vera economia circolare nel pieno rispetto della norma a sostegno anche di quanto richiamato nei CAM del verde pubblico. Un tema sul quale c’è grande interesse anche da parte del mondo agricolo”. “La promozione di una agricoltura sostenibile passa anche dalla semplificazione normativa e da una azione amministrativa che vada oltre le ideologie”.
Quando il soggetto che effettua la manutenzione è un agricoltore-florovivaista che raccoglie i residui di lavorazione (come sfalci d’erba e ramaglie) e li riutilizza presso la propria azienda nel ciclo agricolo o per la produzione di biogas, l’attività non viene considerata come una produzione di rifiuto ma come la gestione di materia nello stesso ciclo produttivo.
Quando il soggetto che effettua la manutenzione è un florovivaista non agricoltore manutentore del verde che raccoglie i residui di lavorazione e li riutilizza presso la propria azienda solo come ammendanti, l’attività non viene considerata come produzione di rifiuto ma come la gestione di materia nello stesso ciclo produttivo.
Se il soggetto che effettua la manutenzione porta i residui di lavorazione a un agricoltore terzo che li inserisce nel ciclo agronomico per la produzione di biogas o per la produzione di materia che usa nella sua attività agricola chiudendo il ciclo del sottoprodotto, il materiale, non configurandosi in partenza come rifiuto, non soggiace alla gestione rifiuti (iscrizione al registro, uso del formulario) ma rientra nella gestione di un sottoprodotto. Il documento di trasporto è il DDS accompagnato dal contratto che identifichi il destinatario e indichi il corretto trattamento (compostaggio) e/o l’utilizzo agronomico.
Come richiamato dalla Circolare del Mite, che fa chiarezza in materia di residui derivanti dalla manutenzione del verde pubblico, quando i materiali non sono qualificabili come esclusi dai rifiuti o come sottoprodotti dovranno essere qualificati come rifiuti. Spetterà quindi all’azienda qualificare il materiale di risulta della propria lavorazione, avendo cura di tracciare il percorso dalla produzione al destino.
“Un ulteriore passo – concludono i due assessori – verso un’agricoltura sempre più green e attenta alle tematiche ambientali. La Lombardia si conferma attenta alle esigenze delle aziende soprattutto in questo momento di forte difficoltà”.

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