Cronaca

"Radici di comunità": crescita
maggiore se il volontariato fa rete

Enti di Terzo settore, istituzioni e cittadini che sanno organizzarsi, mettersi in rete e rispondere con progetti anche inediti a bisogni sociali nuovi. È quanto emerge da “Radici di Comunità – Indagine su bisogni e risorse dei territori e sullo sviluppo degli ecosistemi collaborativi”, la ricerca realizzata da CSV Lombardia Sud (Centro di Servizio per il Volontariato di Cremona, Lodi, Mantova, Pavia) e presentato nelle sale della Fondazione Comunitaria della provincia di Cremona, uno dei partner che hanno reso possibile il progetto.

La ricerca ha reso evidente come le dinamiche di collaborazione presenti all’interno di percorsi progettuali e collaborativi nelle quattro province in cui CSV Lombardia Sud è presente siano capaci di mitigare gli effetti delle crisi e di rinforzare i fattori protettivi delle nostre comunità. Dopo l’introduzione della presidente di CSV Lombardia Sud Maria Luisa Lunghi e di Cesare Macconi, presidente della Fondazione Comunitaria, le motivazioni e i contenuti della ricerca sono stati presentati dal direttore di CSV Lombardia Sud Paola Rossi, mentre Francesco Monterosso, per conto del gruppo di ricerca, ha illustrato gli elementi di maggior interesse per il territorio provinciale.
Durante l’incontro Ennio Ripamonti – psicosociologo e formatore, docente dell’università Cattolica – ha spiegato le conclusioni della ricerca attraverso le quali è emerso che la collaborazione sociale funziona come le foreste: entrambe necessitano di cura e di attenzioni, spesso negli aspetti meno visibili e più sotterranei; nel caso delle comunità umane questo lavoro di cura chiama in causa il paziente lavoro di tessitura sociale (fra individui, famiglie, gruppi e organizzazioni) che consente la crescita di società locali sane, solidali e resilienti. In apertura è stato proiettato un video intervento di Chiara Tommasini, presidente di CSVnet.

GLI ESITI DELLA RICERCA IN PROVINCIA DI CREMONA. In provincia la Ricerca di Comunità ha intercettato 11 esperienze progettuali distribuite nelle 3 aree territoriali (Cremonese, Cremasco e Casalasco), che coinvolgono complessivamente 90 Enti del Terzo settore e 19 istituzioni; si tratta di sei esperienze sviluppate nell’ambito del Bando Volontariato 2020, una sostenuta da un bando della Fondazione Comunitaria, alle quali si aggiungono quattro percorsi progettuali costruiti a prescindere da linee di finanziamento specifiche. Complessivamente sono state coinvolte nelle interviste 32 persone tra volontari e operatori dei servizi, di cui 17 donne e 15 uomini.

L’ATTIVAZIONE DELLE RETI. Dalle interviste è emerso che il processo di attivazione ha avuto origini variegate: in alcuni casi la leva è stata l’osservazione di alcune situazioni di debolezza nel contesto sociale. Talvolta lo spunto progettuale si è generato attraverso la capacità di mettere a sistema e rendere strutturali diverse micro-azioni; in alcuni casi l’avvio del percorso è stato stimolato a seguito di una sperimentazione importante dell’Ente locale. Questa dimensione istituzionale si traduce spesso anche in una funzione che facilita il processo di coinvolgimento di altri attori del territorio, anche tramite progettazioni più ampie.

In aggiunta, si evidenzia in questo territorio la capacità di accogliere e indirizzare l’attivazione spontanea della comunità grazie, inoltre, all’apertura di spazi di narrazione e ascolto per i cittadini, e alla contaminazione tra soggetti appartenenti a mondi diversi. In questi casi i processi collaborativi hanno funzionato grazie ad alcune caratteristiche specifiche delle reti: costanza delle comunicazioni, attenzione nell’ascoltare i ritorni delle singole esperienze, una programmazione continua e precisa delle attività da svolgere, con un calendario condiviso e reso evidente a tutti i partner, più la presenza di una funzione di regia. E poi la forte dimensione collaborativa basata sulla fiducia che, non a caso, spesso assume le caratteristiche di un vero e proprio patto tra cittadini.

I TEMI MAGGIORMENTE AFFRONTATI. La domanda sulle questioni sociali ritenute importanti o urgenti per il territorio ha portato l’attenzione della maggior parte degli intervistati ad approfondire il tema della solitudine e dell’isolamento, sicuramente anche a causa degli effetti che la pandemia ha generato nel tessuto sociale. In particolare viene ritenuto fondamentale aiutare le persone a sentirsi meno sole: questa urgenza è percepita non solo in relazione alle persone strutturalmente più fragili, ma anche da un punto di vista imprenditoriale e professionale, dove la necessità di creare connessioni, relazioni virtuose e generative è percepita come imprescindibile.

Non sono mancate le richieste di attenzione alla questione educativa per i minori e al sostegno alle famiglie, soprattutto nella cura della fascia degli adolescenti, anche stranieri, e all’inclusione sociale e scolastica. Tre le questioni urgenti emerge anche quella di affrontare in maniera sistemica le nuove povertà, compresa la povertà energetica, che richiama anche il tema della riqualificazione energetica delle strutture residenziali pubbliche ma, più in generale, la necessità di garantire dignità a tutte le situazioni di fragilità, soprattutto nelle famiglie con disabilità e ai nuovi poveri, i quali non sono abituati ad accedere ai servizi e rischiano di non essere intercettati e riconosciuti. Infine si rileva in forma trasversale l’urgenza di rendere i giovani protagonisti delle politiche sociali, non delegando compiti, ma affidando delle responsabilità, assumendo la loro visione sui problemi presenti e le prospettive per il futuro.

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