Cronaca

Trauma Team: come affrontare
l'emergenza. Corso a Cremona

Enrico Storti e lo staff di formazione

Per salvare una vita servono tempismo, competenze, esperienza e un ottimo lavoro di squadra. C’è un metodo operativo diffuso nel mondo che insegna a coordinare tutti questi elementi per operare al meglio in situazioni di emergenza e urgenza, oggi insegnato anche all’Asst Cremona.

Si sta svolgendo in questi giorni – dal 24 al 26 marzo – la prima edizione del Corso di formazione ATLS (Advance Trauma Life Support) rivolto agli operatori sanitari dell’Ospedale di Cremona. Diretto da Pietro Bisagni (USC Chirurgia generale Asst di Lodi) e coordinato da Laura Bruna Kerouas (operatore sanitario Treat S.r.l.), coinvolge 16 professionisti (anestesisti, chirurghi, operatori di pronto soccorso…) afferenti a vari ambiti e specialità d’intervento, più quattro specializzandi in qualità di uditori. I partecipanti sono stati affiancati dagli istruttori ATLS Alan Biloslavo, Franco Laterza, Alessandra Pizziol, Siro Marcello Ravasi e Marina Selvini.

Il programma attivato presso l’Asst Cremona è voluto fortemente dalla direzione generale. L’Obiettivo? Apprendere e applicare, nel quotidiano, un modello operativo capace di fare la differenza nel trattamento dei pazienti con politrauma grazie al quale gli operatori si trovano ad agire e interagire all’interno di percorsi codificati che riducono al minimo il rischio per il paziente.

COS’È L’ATLS – Advanced Trauma Life Support (ATLS) è un protocollo internazionale per la gestione e la cura del trauma. Sviluppato dall’American College of Surgeons è stato introdotto negli Stati Uniti all’inizio degli anni Ottanta, poi esportato in 83 Paesi. Ogni anno nel mondo vengono organizzati 3380 corsi ATLS, per un totale di circa 68mila partecipanti. Promosso da Enrico Storti, direttore della Terapia Intensiva Anestesia e del Dipartimento di Emergenza Urgenza, «L’ATLS si basa su un metodo operativo standardizzato per la gestione immediata dei pazienti che hanno riportato traumi di vario tipo. Questo approccio implica una visione organica delle modalità operative, basata sul lavoro di squadra. Per questo è necessario costituire un team multidisciplinare, che tra i diversi professionisti dedicati all’area di emergenza e urgenza può contare sul coordinamento di un “trauma leader”, in grado di definire in itinere priorità e modalità d’intervento».

TRE GIORNATE DI STUDIO CON SIMULAZIONI – La formazione consiste in un corso intensivo di tre giornate – seguito da un esame d’idoneità – che insegna come valutare le condizioni del paziente, rianimarlo e stabilizzarlo, quindi determinare i bisogni diagnostici e d’intervento, ponendo le basi per l’eventuale ospedalizzazione e il percorso di cura più adeguato. Il corso prevede una parte teorica e una prettamente pratica, caratterizzata dalla simulazione di casi su finti pazienti e manichini che rendono verosimile e molto coinvolgente l’esperienza in aula. Capacità di diagnosi, gestione delle priorità e management sono le principali competenze che saranno valutate a fine formazione. La seconda edizione è in programma a dicembre: agli allievi che avranno conseguito i migliori risultati, il direttore del corso potrà proporre un percorso per diventare a loro volta istruttori certificati. Ciò contribuirebbe a rendere il presidio sanitario cremonese un punto di riferimento nel campo della formazione riconosciuta a livello internazionale.

PARLARE LO STESSO LINGUAGGIO – Lavorare insieme è fondamentale per il gruppo, che impara ad affrontare diversi tipi di urgenza seguendo linee guida e protocolli definiti e condivisi a livello internazionale. La gestione sistematica dell’emergenza consente di monitorare il risultato e ottimizzarlo sul medio e lungo termine.

“L’ATLS è un linguaggio operativo parlato in tutto il mondo – sottolinea Storti – sia nell’ambito ospedaliero convenzionale sia in contesti critici, come emergenze di protezione civile, militari e umanitarie. Ciò consente al personale sanitario di operare con le stesse modalità in ogni situazione, condividendo conoscenze ed esperienze che permettono di comunicare in modo univoco ed efficace per gestire al meglio l’assistenza al trauma”.

IL TEAM – La squadra multidisciplinare è composta da un nucleo di figure professionali definite (chirurgo generale, anestesista rianimatore, medico d’urgenza, radiologo), cui a seconda delle necessità del paziente si possono aggiungere altri specialisti (neurochirurgo, ortopedico, vascolare, otorino).

Come spiega il dottor Storti, «Questa metodologia di lavoro mira ad ottimizzare le risorse, coinvolgendo tempestivamente i professionisti più adeguati a gestire le diverse priorità del trauma. Ciò consente di ridurre i tempi e il numero degli esami diagnostici, raggruppando quelli che possono essere effettuati nello stesso momento. Un trauma gestito efficacemente già nelle prime fasi darà meno problemi nelle ore successive, permettendo una sua più agevole gestione».

L’ATLS costituisce inoltre un metodo di verifica per gli operatori stessi: applicando protocolli e strategie internazionalmente riconosciute, il lavoro di team consente di gestire meglio e in sicurezza situazioni ad alto livello di stress. Questo approccio rende possibile inoltre una raccolta precisa e standardizzata dei parametri clinici, oltre a una costante revisione delle decisioni e dei provvedimenti intrapresi.

L’ABC(DE) DELL’INTERVENTO – La prima ora successiva al trauma (“golden hour”) è cruciale: è questo il momento in cui il team deve identificare le lesioni più pericolose per la sopravvivenza e il futuro recupero del paziente. L’approccio al trauma segue un protocollo specifico, standardizzato e di rapida esecuzione, riassumibile con le prime cinque lettere dell’alfabeto:

Airway – vie aeree (verificare se sono libere e se il tratto cervicale è privo di traumi)
Breathing – respirazione (rapidità, profondità ed efficacia della respirazione, saturazione d’ossigeno)
Circulation – circolazione (polso, temperatura e pressione)
Disability – Disabilità (eventuali traumi cerebrali)
Exposure – Esposizione e controllo delle condizioni ambientali (temperatura, controllo della spina dorsale e di tutte le superfici del corpo)

La sequenza e la progressione dello schema sono fondamentali: non si affronta il punto successivo senza essere certi di aver risolto il precedente. Se il paziente non migliora, si riparte dal punto A.

LA STORIA – L’idea di un nuovo approccio per trattare l’emergenza nasce nel 1976 a seguito di un tragico incidente aereo. James Styner, chirurgo ortopedico, stava sorvolando il Nebraska con moglie e figli a bordo di un aereo. Lo schianto è stato fatale per la donna, con gravissime conseguenze per i bambini. Il trattamento riservato dall’ospedale che li ha soccorsi – situato in una zona rurale del Paese – ha reso evidente la necessità d’istituire un sistema d’intervento efficace e univoco. Su impulso di Styner, la fondazione Lincoln Medical Education e l’Università del Nebraska hanno avviato corsi di formazione destinati agli operatori di emergenza e urgenza. I risultati ottenuti in termini di prevenzione e miglioramento degli standard di cura hanno confermato la validità del sistema, successivamente esportato su scala internazionale.

 

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