Disastro Pioltello, prima sentenza:
patteggiamento a 4 anni
E’ stata concordata la prima sentenza del processo per il disastro ferroviario di Pioltello nel quale il 25 gennaio 2018 in seguito al deragliamento del regionale Cremona-Milano Porta Garibaldi morirono Ida Milesi, 61enne di Caravaggio, dirigente medico e chirurgo all’Istituto “Carlo Besta” di Milano, Alessandra Giuseppina Pirri, 39 anni, impiegata di Capralba, e Pierangela Tadini, 51 anni, anche lei, come Ida, di Caravaggio. 46 i feriti.
Davanti alla quinta sezione penale di Milano, come riporta l’Ansa, oggi ha patteggiato 4 anni Ernesto Salvatore, allora responsabile del Nucleo Manutentivo Lavori di Treviglio di Rete ferroviaria italiana, tra i 10 imputati per disastro ferroviario colposo, omicidio colposo, lesioni colpose e solo per alcuni «rimozione od omissione dolosa di cautele contro infortuni sul lavoro». Il processo per gli altri è iniziato martedì scorso.
Il collegio dei giudici ha ratificato il patteggiamento, concordato tra accusa e difesa, riconoscendo all’imputato le attenuanti generiche, perché incensurato, equivalenti alle aggravanti e stabilendo per Salvatore, che oggi era presente in aula, anche l’interdizione dai pubblici uffici per 5 anni. E il risarcimento per le spese legali per decine di parti civili. Una precedente proposta di patteggiamento a 3 anni e mezzo per Salvatore era stata respinta, per incongruità della pena, dal gup Anna Magelli in udienza preliminare. Per gli altri imputati, tra cui, oltre a Rfi anche responsabile civile, figurano l’ex ad Maurizio Gentile, ora commissario straordinario per la messa in sicurezza della A24 e A25, e altri ex dirigenti, dipendenti e tecnici, il processo, scaturito dall’inchiesta dei pm Maura Ripamonti e Leonardo Lesti, proseguirà il 22 febbraio.
Per la Procura, quello di Pioltello fu un incidente causato da una lunga serie di «omissioni» nella «manutenzione» e nella “sicurezza», messe in atto solo per risparmiare. Già la maxi relazione dei consulenti dei pm aveva stabilito che si verificò a causa dello «spezzone di rotaia» di 23 centimetri che si fratturò nel cosiddetto ‘punto zero’, all’altezza di un giunto ammalorato, per «un danneggiamento ciclico irreversibile generato da condizioni di insufficiente manutenzione». Come risulta dagli atti, i dirigenti di Rfi non avrebbero messo «a disposizione dei lavoratori di Trenord srl e di tutti i viaggiatori dei treni» di quella linea «attrezzature idonee ai fini della sicurezza», senza garantire così «che l’infrastruttura fosse mantenuta in buono stato di efficienza per la sicura circolazione».
Sara Pizzorni