Covid scuola e rientro, presidi aprono a dad
“Il rientro” a scuola “in dad avrebbe senso solo se si utilizzasse l’intervallo di tempo precedente al ritorno in presenza per conseguire alcuni risultati: più alunni vaccinati, messa a punto di un piano di distribuzione delle ffp2, l’organizzazione di una campagna di screening”. Così all’Adnkronos il presidente dell’Associazione nazionale presidi Antonello Giannelli che aggiunge: “Ma non abbiamo avuto riscontro su nessuno di questi punti, dunque da oggi al 7 non sarà presumibilmente fatto nulla di ciò che abbiamo chiesto. Per arrivare al 7 gennaio con certe azioni in atto, bisognava partire da prima”. “Io credo che il Governo voglia tenere le scuole aperte a tutti i costi perché grazie a questo molti cittadini possono lavorare. Molti lavoratori con bambini sotto 14 anni non potrebbero a scuole chiuse non potrebbero farlo””, ha quindi affermato Giannelli ricordando che “la vaccinazione dei bambini è sotto il 10%. Il numero anche se è passato poco tempo è un po’ basso. Ci si aspettava di più. Bisogna incentivare la campagna”.
“Inoltre – prosegue il presidente Anp – il numero totale dei contagi a scuola non sembra essere elevato, mentre il danno che deriverebbe dalla chiusura sarebbe enorme in termini di economia generale. Nel bilancio tra costi e benefici credo che il Governo abbia deciso che è preferibile tornare in presenza”. A quanto ammontano i contagi nelle scuole? “C’è una esigenza di pubblicazione di statistiche, visto che le scuole inseriscono i dati relativi ai contagi degli alunni, che sarebbe utile conoscere – risponde Giannelli – Sono fermo a prima di Natale, avevo fatto una stima di diecimila classi, su un totale di 200mila. Considerando una media di 20 alunni per classe sono circa 200mlia alunni contagiati, che sono una goccia sul totale della popolazione studentesca”.
Affrontando poi il tema dei certificati di malattia di no vax, dice: “Possiamo ipotizzare che le malattie di comodo siano limitate a chi non è vaccinato e non vuole vaccinarsi. Su 50mila non vaccinati, 10mila dei quali non si possono vaccinare dunque sono esenti, ne restano 40mila, una parte dei quali si sta vaccinando, l’altra resiste. Quanti rappresentano lo zoccolo duro che non intende vaccinarsi? Possono essere 10mila ma potrebbero anche essere ventimila. Se è cosi, è ipotizzabile che arrivino alle scuole 10-15mila certificati di malattia di no vax. Di questi 15mila un decimo in Lombardia”. Ci sono più no vax tra i docenti o il personale Ata? “Il personale scolastico è fatto per 4/5 di docenti e 1/5 di Ata, cioè l’80 per cento sono insegnanti e il 20 per cento, circa 200mila posti, bidelli, impiegati di segreterie e assistenti tecnici… Non ho motivo al momento di ritenere che ci siano disparità, servirebbe una statistica su dati effettivi che non c’è”.
“La stima del totale del personale scolastico non vaccinato perché non vuole o non può è di circa 40-50mila. La Lombardia seguita da Lazio, Campania e Sicilia hanno circa un decimo del totale del personale, dunque circa 4-5mila tra docenti e personale Ata non vaccinati”, ha detto ancora Giannelli aggiungendo: “Ci sono regioni però che nonostante la popolazione sia minore, hanno una maggiore concentrazione di no vax tra il personale scolastico. Oltre al Trentino ed al Friuli Venezia Giulia c’è la Romagna, con città come Rimini e Ravenna”. Poi c’è il caso Sicilia: “E’ no vax? Sì e no. E’ una regione rimasta impressionata dai casi di decessi in seguito alla somministrazione di Astrazeneca. La gente è titubante, ma non dubito che adesso stiano andando a vaccinarsi. Dovremmo attendere qualche altra settimana per capire come si è evoluta la situazione”.