Cronaca

Prostituta violentata: ora è morta
ed era minorenne. Parola al Dna

Di Silvia Roxana, prostituta romena presunta vittima di violenza sessuale commessa alle 2,30 della notte del 9 luglio del 2010 sulle strade del cremasco, si erano perse le tracce. Il tribunale l’aveva citata per sentire la sua testimonianza, ma lei non si è mai presentata. Così i giudici ne avevano disposto le ricerche, non solo in Italia, ma anche all’estero, in particolare a Craiova, suo luogo di residenza.

Oggi, data di udienza del processo, il pm Davide Rocco ha informato il collegio dei giudici che la donna è deceduta. Dalle informazioni ricevute all’esito delle ricerche, inoltre, è emerso che all’epoca dei fatti la romena aveva cambiato la data di nascita, dichiarando di essere maggiorenne, quando invece di anni ne aveva ancora 17.

Dunque, sulla base di quanto emerso, la procura ha inasprito il capo di imputazione, aggiungendo l’aggravante della violenza sessuale commessa ai danni di una minore.

Sotto accusa c’è Alfred, 43 anni, muratore albanese, sposato con due figli, residente in provincia di Como. “Sì, nel 2010 frequentavo il territorio cremasco”, aveva ammesso, “e mi è capitato di avere rapporti con delle prostitute, ma è sempre stato consensuale. Non ho mai violentato, nè picchiato nessuno”.

Quella notte i carabinieri, in seguito ad una telefonata, avevano trovato Silvia con il volto tumefatto. La donna stava esercitando nella zona industriale di Vaiano Cremasco. Era stata assalita alle spalle, picchiata e caricata su una Volkswagen Passat grigia, dopodichè era stata portata a Gradella di Pandino dove era stata violentata. Una volta soccorsa era stata accompagnata al pronto soccorso dell’ospedale di Crema e poi alla clinica Mangiagalli di Milano, dove sono ancora custoditi i tamponi effettuati al momento della visita. Oggi i giudici hanno deciso di acquisire la cartella clinica della Mangiagalli al fine di valutare la possibilità di disporre una perizia per estrarre il profilo genetico contenuto nei vetrini composti a seguito del tampone e rapportarlo al Dna dell’imputato.

Durante le indagini, i militari, che avevano percorso il tratto di strada dove la donna si prostituiva, avevano trovato la sua borsetta, le sue ciabatte, i suoi orecchini e tre fazzoletti di carta che erano stati inviati ai carabinieri del Ris di Parma per essere analizzati. Proprio su quei tre fazzoletti, utilizzando delle speciali lampade forensi, erano state trovate tracce biologiche dalle quali si era proceduto ad estrarre il Dna. Ne era uscito un profilo genetico “chiaro, identificativo, riferibile ad un soggetto ignoto maschile”. Dalla successiva ricerca nel database interno era emerso che quel profilo era già presente negli archivi per via di un altro caso di violenza sessuale commesso nel 2009 a Cinisello Balsamo sempre ai danni di una prostituta.

Nel 2012, dopo aver ottenuto il profilo genetico ignoto, i carabinieri del Ris avevano inviato i reperti alla Banca dati del ministero dell’Interno per una comparazione del codice genetico. Otto anni dopo, nel 2020, era arrivata la comunicazione che l’esame del Dna estrapolato dai fazzoletti aveva portato ad un nome: quello di Alfred, che nel 2017 era finito in carcere. In quell’occasione gli era stato prelevato il Dna, risultato compatibile con il profilo estrapolato dai fazzoletti. Sarà proprio quel profilo ad essere comparato con quello dei tamponi effettuati alla presunta vittima.

Si torna in aula per decidere il prossimo 18 gennaio.

Sara Pizzorni

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