Cronaca

Vincere l'indifferenza, gli studenti del
Torriani contro la violenza alle donne

Tra i tanti eventi in programma per la giornata contro la violenza sulle donne, c’è anche la performance in corso questa mattina nell’atrio della scuola a cura degli studenti dell’Itis Torriani. L’ideazione è della professoressa Josita Bassani, con la direzione artistica di Amelia
Giacometti, la scenografia e grafica di Michele Giardullo. Cinquanta gli studenti coinvolti, delle classi 1aman, 1alsa, 1blsa, 2achi, 3aeta, 3ainf, 3cinf, 3dinf, 4binf, 4bman, 4amem, 4ainf, 4bchi, 5bls.

Per preparare la rappresentazione gli studenti hanno prima fatto ricerche su un portale consigliato da Aida, Associazione donne antiviolenza, da cui è emerso un quadro agghiacciante: dal 2012 le vittime di femminicidio in Italia sono state più di 1000, nel solo 2021 siamo oltre quota cento. Quando al Torriani si è messa in moto l’idea della rappresentazione contro l’indifferenza rispetto questo tema, le vittime erano circa 80,
ma purtroppo il bilancio si fa sempre più tragico, di giorno in giorno.
L’idea della professoressa Bassani, raccolta da un gruppo di docenti di lettere dell’Istituto, è stata quella di creare negli ambienti della scuola un setting che richiamasse le vittime e la violenza che le ha portate via, senza entrare nell’atto stesso del femminicidio. Alle colonne, alle pareti dell’atrio d’ingresso sono stati appesi indumenti, scarpe, stracci, quel che rimane dopo lo strazio di queste vite troncate; per terra 50 studenti
hanno rappresentato delle pietre d’inciampo, dei sassi, dei cippi, di fronte ai quali non si può proseguire: chi entra a scuola deve per forza guardare e leggere sui cartelloni posti vicino alle “pietre umane”, il nome delle vittime del 2021.


Pietre in grado di muoversi all’unisono a un cenno, a un richiamo d’aiuto interpretato da uno studente: questo il momento di più alta tensione per gli spettatori.

E’ così che cinquanta studenti, prevalentemente maschi, coordinati come un’orchestra, prendono vita. Basta un piccolo movimento per segnalare allo spettatore che le pietre sono state vive e possono ancora esserlo, se qualcuno le ricorda.

Tutto questo nel grande atrio dell’IIS Torriani, in un percorso verso l’aula Magna, dove la band d’Istituto ricorda con la musica questa giornata e vengono lette le vicende tragiche di alcuni casi esemplari di violenze. Il tutto replicato, con il coordinamento delle professoresse Francesca Mele e Lucia Di Primio dalle ore 11 nella sede associata Apc, l’istituto professionale dove da tempo gli studenti sono coinvolti in progetti di sensibilizzazione su questo tema.

Una narrazione teatrale, che come ogni opera artistica ha avuto il suo richiamo nel mito. Le donne ricordate all’IIS Torriani sono idealmente rappresentate dalla Venere del Pistoletto.

Così, il professore Michele Giardullo, ideatore della scenografia e della grafica, racconta la metafora: “Afrodite, la dea della bellezza porta luce e splendore, è un po’ un’ Annunciazione, un momento magico che all’improvviso investe il quotidiano, svelando di fatto cio’ che prima ci appariva invisibile e forse impossibile. Aneliamo, che l’animo si quieti, quasi come una preghiera; attendiamo quel momento, lo invochiamo, fino a quando, ecco, lo sentiamo, la pace ci invade e tutto é silenzio e contemplazione.
Tutto è al proprio posto. Tutto trova ordine. Tutto è bello. Ma la nostra Venere, quella di Pistoletto, non puo’ concedere  illusioni, non puo’ dare speranza, le brutture, il muro di stracci, ostacolano la dea che, non puo’, con i suoi occhi, aiutare la fioritura della bellezza.
Ecco il muro di stracci che diventa il muro di casa, una prigione che costringe Venere. Le nostre madri, le nostre nonne, le nostre sorelle, le
amiche, fidanzate, compagne e mogli, sono imprigionate, schiave di preconcetti misogini in luoghi che comunemente confondiamo con la
parola pace.
La casa, la famiglia. Ecco quanto è semplice confondere le idee, ecco come è banale costringere alla cattività. Venere e gli stracci. La famiglia
e la violenza. L’amore che era invece morte, e non l’abbiamo visto”.

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