senza il neo papà Collocolo
un Natale grigiorosso
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Tre anni e otto mesi. Questa la condanna chiesta dai pm Vitina Pinto e Chiara Treballi nell’udienza preliminare svoltasi questa mattina nei confronti del presidente di Coldiretti Cremona e Coldiretti Lombardia Paolo Voltini, accusato di estorsione. Voltini, processato con il rito abbreviato, avrebbe “estorto le dimissioni di due dipendenti del Consorzio Agrario, Paolo Ferrari ed Ersilio Colombo, rispettivamente formalizzate il 17 giugno del 2015 e il primo luglio del 2015”.
Per l’altro imputato Tullo Soregaroli, collaboratore di Voltini, i pm hanno chiesto una pena di tre anni e quattro mesi per l’accusa di estorsione aggravata in concorso. Soregaroli è assistito dai legali Alberto Gnocchi e Fabio Sbravati, mentre Voltini è difeso dagli avvocati Luca Deantoni e Alessio Di Amato. I due legali hanno preferito non rilasciare dichiarazioni.
La sentenza sarà emessa il prossimo 5 novembre.
I due ex dipendenti si sono costituiti parte civile e a Voltini hanno chiesto un maxi risarcimento: 350.000 euro per Ersilio Colombo, venditore di mezzi agricoli, rappresentato dall’avvocato Luigi Lupinacci, e un milione e 127 mila euro per Paolo Ferrari, 63 anni, di Casirate d’Adda, assistito dall’avvocato Luca Vinciguerra.
Secondo la procura, Voltini, appena assunto l’incarico di presidente del Consorzio, avrebbe costretto i due dipendenti, che sarebbero stati a lui sgraditi in quanto assunti dalla precedente gestione, a sottoscrivere le proprie dimissioni “sotto la minaccia di imprecisate azioni di responsabilità e di rovinare loro la carriera ed ogni futura assunzione lavorativa in caso di rifiuto, impedendo loro fisicamente di uscire dalla stanza ove erano stati convocati e di usare il telefono cellulare per contattare il proprio legale”.
In questo modo li avrebbe costretti a firmare le proprie dimissioni, “violando i loro diritti relativi all’interruzione del rapporto di lavoro, così procurandosi l’ingiusto profitto consistito nel liberarsi illegittimamente di persone non gradite, senza pagare loro le indennità spettanti in base alle norme a tutela del lavoratore e senza risarcire o negoziare il danno provocato dagli improvvisi licenziamenti”.
Sara Pizzorni