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Dimissioni di Zingaretti, Pizzetti: 'Ora discussione sui valori. Alla fine gli sarà chiesto di restare'

Il segretario del Pd Zingaretti nel 2019 a Cremona per la campagna elettorale di Galimberti (foto Sessa)

Prime reazioni del Pd cremonese alle dimissioni di Nicola Zingaretti dalla segreteria a dieci giorni dall’assemblea nazionale che avrebbe dovuto tracciare le linee prossime venture.

“E’ stupefacente, un caso più unico che raro” esordisce a caldo il deputato Luciano Pizzetti. “Per quanto ci possano essere buone motivazioni legate al disagio di questa fase – e io stesso ne ho tante – resta il fatto che siamo nel contesto di un partito che si è costruito sul suo apporto determinante. Le cose vanno cambiate, questo è certo, ma vanno cambiate con il ragionamento e con l’elaborazione di un pensiero all’interno di un sistema di valori”.

L’arrivo di Draghi ha forse evidenziato le debolezze dei partiti che formavano il governo Conte bis e quindi anche del Pd? “L’arrivo di Draghi è una vittoria del Paese”, continua Pizzetti. “Il Pd ha tardato troppo ad avviare una discussione e questo gli ha inibito la possibilità di sviluppare un’adeguata iniziativa politica per condurre al coinvolgimento le culture riformiste di questo paese. Quando parlo di riflessione politica e culturale intendo che non si può passare dal Conte 1 al 2 e a Draghi come se ci fosse continuità, mentre sussistono elementi di rilevante rottura.

“Questo andava sottoposto a riflessione e questo è ciò che è mancato e manca. Ogni discussione è benvenuta quando ha come obiettivo la ripresa di una forza valoriale e comunitaria; in sua assenza tutto si riduce a una logica di correnti. Oggi il Pd è un partito in cui non c’è discussione, inospitale, e se la pensi diversamente semplicemente non esisti. E il risultato è che agli occhi del Paese siamo diventati il partito dell’establishment”.

L’esordio del post con cui Zingaretti annuncia le dimissioni è molto duro verso il partito: “Lo stillicidio non finisce. Mi vergogno che nel Pd, partito di cui sono segretario, da 20 giorni si parli solo di poltrone e primarie, quando in Italia sta esplodendo la terza ondata del Covid”.

“Se si vergogna del Pd, si vergogna del partito che lui ha costruito. Mi sembra una frase con cui lisciare il pelo al populismo”, afferma il deputato. “Ritengo che alla fine Zingaretti succederà a Zingaretti, tutto si risolverà nel chiedergli di restare. Spero che almeno questo serva ad evitare una farsa e che determini un avvio del confronto su chi è e dove vuole andare il Pd. Anche i futuri rapporti con i 5 Stelle non possono avvenire semplicemente con colpi di maglio, senza riflessioni. E se lui crede nelle cose che dice, ha il dovere di restare”.

“Questo non è il momento di dimettersi, è il momento di tenere duro e stare sul pezzo. C’è bisogno di presidiare la situazione in una fase difficile per il Paese e per il partito e io auspico che Zingaretti resti ed accompagni il processo”, commenta Vittore Soldo, segretario provinciale del Pd.
“Non ho ancora letto attentamente il post, ho visto frasi dure, ma non conosco direttamente le motivazioni che hanno indotto a questa scelta. Credo e spero che rimanga lì dov’è, perché il momento lo richiede. Porteremo la discussione anche sul territorio, già pensavo ad una riflessione collettiva, magari un’assemblea e a maggior ragione questa sarà l’occasione per prendere una posizione. La recrudescenza della pandemia poi ci ha assorbito, ma un confronto ci sarà”.

“E’ una cosa un po’ inaspettata, sono colpito e perplesso”, afferma il segretario cittadino Luca Burgazzi. “Era convocata un’assemblea per il 13 – 14 marzo in cui si poteva capire quali fossero i prossimi passaggi. Ma in una situazione di pandemia conclamata, questa cosa giunge inaspettata, e la si poteva evitare”. Burgazzi aveva sostenuto la linea Zingaretti al momento dell’ingresso nel governo Conte bis, una scelta non condivisa da tutto il partito.

“Noi amministratori locali stiamo gestendo una situazione difficilissima, una cosa di questo genere ci lascia spiazzati. Dopo la sconfitta elettorale, penso che Zingaretti abbia ricostruito un pezzo del partito e portato a casa amministrative importanti e anche non scontate. Detto questo era assolutamente necessario che si arrivasse ad un chiarimento”. L’11 marzo era già in programma un incontro della segreteria cittadina allargata ai circoli per raccogliere gli umori della base proprio in vista dell’appuntamento nazionale.

Il vicesindaco Andrea Virgilio non ha mai lesinato critiche al suo partito, soprattutto durante quest’ultima fase e con un’alleanza, quella con i 5 Stelle, considerata deleteria. “Io continuo a non essere entusiasta di questa gestione del partito, ma se c’è questa scelta di dimissioni, se verrà confermata con atti formali, vorrei che non ci fossero teatrini, ma scelte responsabili, profonde e che alimentino un discussione seria all’interno del partito. Quella discussione che rispetto ai cambiamenti di linea non si è mai verificata né a livello nazionale, nè nei territori”.

“E’ una notizia che mi coglie di sorpresa perché in questo momento di tutto avevamo bisogno tranne che delle dimissioni del segretario”, ha commentato il consigliere regionale Matteo Piloni che non nasconde i “problemi del Pd: abbiamo affrontato molte fasi delicate, sia nella costruzione del Governo Conte che dell’esecutivo guidato ora da Draghi. E in mezzo si è sviluppata la pandemia”. Per il consigliere era ed è necessario un confronto ampio per il centrosinistra europeista, “perché questa è la nostra vocazione, non c’è dubbio. Ma da qui a rassegnare le dimissioni, fatico a comprendere e mi spiace che si sia arrivati a questo punto”.
Per il futuro Piloni sottolinea la necessità di una leadership forte, “che faccia sentire la voce del partito. Il nome? Deve essere figlio di una discussione sincera e profonda. Abbiamo temi importanti da affrontare, specie in Lombardia, vista la situazione. In questo, vorremmo che Roma ci stesse un po’ più vicina”.

Giuliana Biagi

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