Cronaca

La terza ondata, i vaccini ed i lockdown mirati

I numeri non mentono, ma vanno interpretati correttamente. E i numeri dicono che siamo ormai dentro la terza ondata della pandemia da Covid-19, anche se nessuno hai mai capito bene se e quando sia finita la seconda.

Siamo dentro una nuova ondata in Lombardia, con dati preoccupanti soprattutto a Brescia e a Como, ma forse anche a livello provinciale. Forse, perché questa affermazione è puramente empirica: sempre più persone sono in coda davanti alle strutture pubbliche e private che effettuano i tamponi, i sanitari evidenziano come la pressione sugli ospedali stia aumentando e ciascuno di noi conosce almeno una persona a casa con sintomi o comunque in isolamento fiduciario.

Tuttavia, per conoscere la situazione di questo territorio, non basta prendere in considerazione l’incremento dei casi di contagio (comunque aumentati del 25% nell’ultima settimana rispetto ai sette giorni precedenti): sarebbe infatti importante conoscere il numero di tamponi effettuati in ogni provincia e calcolare così il tasso di posititivà a livello territoriale.

Purtroppo invece questo numero non viene reso noto e quindi continuiamo a ragionare solo sul numero di contagi che, da solo, dice poco. Cento nuovi casi al giorno nel Cremonese possono essere tanti se vengono effettuati mille tamponi, ma sono pochi se gli esami sono il doppio o il triplo.

Conoscere questo dato e non solo il tasso di positività regionale sarebbe molto utile proprio per impostare una corretta strategia di contrasto al Covid-19.

Anche sulla base delle notizie che arrivano dall’estero (in particolare da Cina e Corea), sembra ormai chiaro che sono più efficaci lockdown mirati realizzati su piccoli territori piuttosto che divieti, più o meno blandi, che interessano aree vaste.

Ma per stabilire se una determinata provincia o meglio ancora un’area territoriale (perché la situazione cremasca è differente rispetto a quella del Casalasco) necessita effettivamente di un lockdown, è fondamentale conoscere la reale situazione e quindi il rapporto tra tamponi effettuati e numero di positivi riscontrati.

Le ultime decisioni della giunta regionale lombarda, che hanno individuato un’area “arancione scuro” in cui rientrano alcuni comuni bresciani e bergamaschi oltre al cremonese Soncino, sembrano andare in questa direzione. È importante accelerare su questo cambiamento di strategia, come del resto sta facendo anche la vicina Emilia-Romagna, dove la situazione di Piacenza è ad esempio totalmente diversa da quella del resto del territorio emiliano.

Il piano vaccinale prosegue a rilento: sono infatti passati due mesi dalla somministrazione della prima dose e ogni giorno si accumulano ritardi. Nessuno sa con certezza quando sarà immunizzata la maggior parte della popolazione, perché sono troppe le variabili in gioco, dalle consegne dei vaccini all’organizzazione delle iniezioni fino all’efficacia contro le nuove varianti.

Abbiamo quindi ormai compreso che con il virus sarà necessario convivere ancora a lungo ed è chiaro che i mezzi per impostare questa convivenza non possono più essere quelli utilizzati, alla cieca, un anno fa, quando tutto è cominciato.

Guido Lombardi

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