Cronaca

La protesta silenziosa di bar e ristoratori: cartelli, vetrine illuminate e manichini ai tavoli

L'allestimento di un tavolo all'osteria Aporti L'Amministrazione di Luca Aporti ed Elisa Meas

Cartelli con la locandina ‘Io apro’ sono apparsi nelle vetrine di molti bar e ristoranti cittadini che, sebbene siano rimasti chiusi, hanno voluto trasmettere un chiaro segnale di protesta per una situazione che si trascina da ormai troppo tempo e che ora sta esasperando gli animi.

C’è chi si è limitato a mettere fuori un cartello, chi ha anche lasciato le luci accese, a simboleggiare un locale aperto, chi addirittura, come lo Stregatto Caffè, ha lasciato una vetrina illuminata e dentro manichini seduti ai tavoli con davanti una consumazione.

Tutto per lanciare un unico messaggio: lasciateci riaprire. Il clima di tensione, del resto, tra gli esponenti del settore, si taglia con il coltello e l’umore, anche tra i pochi che rimangono aperti per l’asporto, non è certo dei migliori. A preoccupare è anche, come commenta la titolare del bar Pierrot, “il nuovo divieto introdotto dal Dpcm rispetto all’asporto dopo le 18. Per noi bar quello è un ulteriore duro colpo”.

L’incontro in Comune. Intanto una delegazione di gestori di bar e ristoranti ha incontrato nel pomeriggio il sindaco Gianluca Galimberti e l’assessore con delega al Commercio Barbara Manfredini. “Ormai per alcuni imprenditori non c’è più tempo e le risorse sono esaurite” commentano dal Comune.

“I sussidi dati, pure importanti, non sono più sufficienti. Certamente verranno chiesti al Governo ulteriori ristori per una categoria tra le più duramente penalizzate”.

L’impegno è di redigere la settimana prossima “un elenco di richieste che saranno presentate a Governo e Regione con interventi possibili e concreti che appaiono essenziali per affrontare i prossimi giorni e le prossime settimane”.

L’intervento di Confcommercio. “Tutte le realtà economiche rivendicano il diritto al lavoro. Un diritto che oggi appare come sempre più fragile. Dopo un anno di pandemia le attività sono allo stremo” dichiara Eugenio Marchesi, presidente di Botteghe del Centro, che si unisce idealmente alla protesta del comitato #Possiamoedobbiamofarcela.

Per i commercianti “ci sono solo due vie: quella delle aperture e quella di ristori adeguati, non elemosine lontanissime dal coprire i costi che ha un’attività anche quando resta chiusa”, spiega Marco Stanga, vicepresidente di Confcommercio Cremona.

“La salute è il primo fronte di questa guerra ed è certamente il bene primario”. dichiara Andrea Badioni. “Ma c’è anche il secondo fronte dell’economia. Questa nuova fase di lockdown a macchia di leopardo produrrà danni gravissimi con un costo economico e sociale che non è più sostenibile”.

Cosa serve? “Bisogna reagire con maggiore determinazione e continuità: perché disperazione e rabbia crescono. Anche in questi ultimi giorni ne abbiamo avuto testimonianze eloquenti. Precauzione, adeguatezza e proporzionalità sono i principi di riferimento per il contrasto dell’emergenza”.

Il commento di Confesercenti. Dal canto suo Confesercenti evidenzia come la mancata adesione all’iniziativa #IoApro, rappresenta un “grande senso di responsabilità dimostrato in un momento drammatico per le imprese”.

Come spiega il presidente, Agostino Boschiroli, non bisogna dimenticare che “dietro ogni vetrina ed ogni insegna ci sono persone e famiglie che vivono del loro lavoro. Non mi riferisco solo ai titolari, ma anche ai dipendenti e all’indotto generato”.

Per l’associazione, il tempo “è davvero scaduto: al centro della discussione ora non possono esserci più solo i ristori, ma decisioni più forti ed efficaci. Chiediamo che le tasse e le imposte che sono state posticipate, a questo punto vengano del tutto azzerate”.

Boschiroli continua: “Apprendiamo inoltre che la Lombardia sarà trasformata ancora una volta in zona rossa. Riteniamo gravissima tale scelta. Di fronte a questa decisione, ribadiamo a gran voce che le misure vengano modulate in base alle situazioni epidemiologiche dei territori interni”.

Laura Bosio

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