Cronaca

Lavorava in strutture private anche quando era in malattia Denunciato medico Asl

Svolgeva la professione sanitaria in distinte strutture ospedaliere nei giorni in cui risultava assente per malattia dal servizio per conto dell’Ausl piacentina. Attraverso attestazioni non veritiere risultava presente contemporaneamente nelle strutture sanitarie di Piacenza e Cremona per lo svolgimento delle proprie prestazioni professionali. Così un medico dell’Asl è finito nei guai in seguito ad un’indagine della guardia di finanza di Piacenza che ha scoperto una truffa ai danni del Servizio Sanitario Nazionale. Secondo gli accertamenti svolti, per un decennio il medico avrebbe svolto incarichi professionali sia per conto dell’Ausl che per ulteriori committenti pubblici e privati, con presunti guadagni indebiti per circa 800 mila euro. Il medico, in sostanza, risultava contemporaneamente in servizio presso il Servizio di continuità assistenziale (ex guardia medica) in un ospedale della provincia di Piacenza, ma anche presso una casa di cura nel Cremonese ad assistere gli anziani ospitati.

“Le indagini coordinate dalla Procura della Repubblica di Piacenza”, scrive il comando provinciale di Piacenza in una nota, “hanno consentito ai militari del Nucleo di Polizia Economico-Finanziaria di accertare che il medico, impiegato contrattualmente per conto della Ausl di Piacenza, ha omesso per anni di comunicare all’azienda lo svolgimento di altri incarichi professionali presso differenti strutture sanitarie pubbliche e private. Falsificando le autocertificazioni, lo stesso attestava di non svolgere altre attività per conto di soggetti terzi, violando, conseguentemente, i principi incompatibilità di incarichi e di unicità del rapporto di lavoro con il Servizio Sanitario Nazionale”.

Nei suoi confronti è quindi scattata una denuncia per truffa ai danni dello Stato e falso in atto pubblico. In relazione al reato di truffa è stata richiesta al pm titolare delle indagini l’attivazione dell’istituto del sequestro preventivo finalizzato alla “confisca per equivalente” relativamente agli importi illecitamente percepiti, fino alla concorrenza di circa 800mila euro.

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