Cronaca

Lockdown e misure restrittive, associazioni di categoria verso la manifestazione

Dopo la decisione di chiudere per 4 giorni i negozi dei centri commerciali, già da oggi, considerando la giornata prefestiva in vista di Sant’Omobono, monta la protesta da parte delle associazioni di categoria, che nel pomeriggio hanno sottoscritto un documento in cui annunciano una manifestazione di protesta. A firmarla sono Confartigianato (di Cremona e Crema), Confcommercio, Confesercenti, Sistema Impresa – Asvicom, che dicono “basta ad una politica che non rispetta i nostri diritti, che senza alcuna ragione distrugge le nostre imprese, usandoci come capro espiatorio per coprire un’assoluta mancanza di strategie utili a garantire un futuro al Paese.

Diciamo basta a chi, ormai da troppo tempo guida l’Italia senza alcun confronto democratico (anche coni corpi intermedi), imponendo quasi quotidianamente atti amministrativi che non hanno alcun effetto sul contenimento della pandemia ma hanno conseguenze pesantissime sul tessuto economico e produttivo della nazione e rischiano di trascinarla nel baratro, proprio perché privata di quelle realtà che costituiscono la spina dorsale del sistema, quella che garantisce lavoro, reddito, sviluppo, benessere.

Diciamo basta a provvedimenti e norme confuse e raffazzonate (come quelli neppure comunicati sulla chiusura di ieri e oggi dei centri commerciali che porteranno alcune attività della città ad una inutile serrata di quattro giorni) buone solo a nascondere inadempienze, insufficienze e incompetenze governative (anche se sostenute da fantomatici gruppi di esperti). Gli stessi che vogliono individuare nelle piccole e medie imprese i luoghi del contagio, nascondendo le scelleratezze compiute in tema di sanità o di trasporto pubblico, solo per citare un paio di esempi.

Diciamo basta a chi ci ha chiesto di fare investimenti per lavorare. Abbiamo creduto in noi stessi e nel Paese (spesso indebitandoci), abbiamo adottato protocolli rigidi e adesso non possiamo pensare di essere accusati, ingiustamente e senza nessuna prova, di essere gli untori, in una caccia alle streghe che – oggi – non è più né credibile né accettabile.

Diciamo basta con questa “insistenza ossessiva normativistico-paternalistica” – come dice il filosofo sindaco Cacciari – dettata dalla volontà di “nascondere le responsabilità, per non discutere di ciò che si doveva fare e non si è fatto. E soprattutto di ciò che si dovrà fare e di cui ancora nulla di preciso si sa”

Diciamo basta alla incapacità di guardare ai numeri veri del contagio e adottare provvedimenti conseguenti (e coerenti) come hanno chiesto molti amministratori pubblici, escludendo le province meno colpite – tra le quali la nostra – dall’essere “zona rossa”. Un appello che il ministro della salute si era impegnato a valutare ma che poi non ha trovato più alcuna risposta (che poi resta la via più sbrigativa per non affrontare la questione soprattutto se le pretese sono sacrosante e logiche). Anzi, la minaccia è quella di ulteriori restrizioni.

Diciamo basta a questa situazione perché non è voltandosi dall’altra parte e decretando assurdità inapplicabili e incontrollabili che si può gestire un Paese, garantire coesione e tenuta di un sistema anche sociale esasperato e portato allo stremo al punto di essere pronto a far sentire la sua voce con manifestazioni di protesta pesantissime e difficili da controllare.

Non bastano le promesse di “ristori” che sono, invece, elemosine a garantire il futuro delle imprese. Neppure ci si rende conto di quante realtà economiche non riapriranno e di quante, alla conclusione degli incentivi e ammortizzatori sociali, saranno costrette a chiudere o quantomeno a ridursi per sopravvivere. Con danni pesantissimi su fronte del pil e della occupazione, dei servizi offerti alle comunità e dell’impoverimento dei tessuti urbani.

Senza imprese non c’è futuro per nessuno e anche quelle “fasce” sociali che ora si sentono al sicuro rischiano di essere risucchiate da una crisi economica pesantissima, che potrebbe arrivare a non risparmiare neppure il sistema pubblico. Incapace di autosostenersi, con meno entrate e costi sociali cresciuti in maniera esponenziale, rischia di diventare vittima di una spesa pubblica senza più controllo.

Pensiamo che in questa deriva ci siano rischi concreti. Proprio un secolo fa la pandemia della spagnola aprì la strada della crisi, alle tensioni sociali e poi dell’affermazione dei totalitarismi. Un orizzonte che non vogliamo neppure evocare auspicando si ritrovi la via della crescita e dello sviluppo. 

Come sistema delle aziende dell’artigianato e del commercio vogliamo continuare a “far vivere l’Italia” e non siamo disposti a rinunciare ai nostri diritti costituzionali, al lavoro, alla possibilità di fare impresa, alla democrazia e alla libertà. Principi oggi negati e considerati un ostacolo da rimuovere attraverso lo strumento della paura e del terrore. Sentimenti troppo spesso alimentati anche dal sistema dell’informazione nazionale. Invece occorrerebbe una informazione che, coerentemente alla sua vocazione, sapesse spiegare e aiutare a capire e a razionalizzare.

Come se ci fosse una tacita alleanza tra “poteri” che appare sospetta. Invece di immobilizzarlo tratteggiando scenari che sarebbe difficile immaginare più apocalittici, il potere politico e quello dell’informazione dovrebbero tenere unito il popolo, dare coraggio e indicare vie d’uscita, non terrorizzarlo. A meno che il terrore non sia lo scopo o il mezzo.

Uno scrittore francese, Charles Peguy, diceva che “c’è qualcosa di peggio di avere un’anima perversa, è avere un’anima abituata”. Di fronte alle “anime perverse” di chi in silenzio sta imponendo una svolta autoritaria al Paese, occorre evitare che, nella società si diffondano le “anime abituate”, rassegnate.

Noi imprenditori vogliamo dire basta alla “dittatura della paura” e ribadire – senza sottovalutare il problema sanitario – che non ci lasceremo rubare i nostri sacrifici, il nostro lavoro, il nostro futuro. Che non ci rassegniamo ad un assistenzialismo che nega il valore dell’azienda ed è disposto ad immolarlo senza una vera ragione.

Come Associazioni di categoria (Confartigianato, Confcommercio, Confesercenti, Sistema Impresa Asvicom) vogliamo stimolare le coscienze a riflettere, perchè nessuno possa sentirsi non coinvolto da decisioni che limitano le libertà costituzionale.

Cerchiamo dunque di tornare in noi stessi, affinché nel buio si possa di nuovo vedere la luce della nostra anima, l’unica in grado di indicarci la strada da seguire.

Proprio per questo stiamo valutando la possibilità di organizzare una manifestazione unitaria, delle imprese innanzitutto, ma anche dei cittadini che non vogliono rinunciare ai diritti costituzionali, alla democrazia, alla libertà, al futuro”.

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